«Denunceremo tutti i gip che prima di spedire qualsiasi cittadino italiano o straniero in carcere non verifichino prima le condizioni di vivibilità dell’istituto penitenziario a cui destineranno ogni singolo detenuto, inoltre è nostra intenzione di fare la stessa cosa con tutti quei magistrati di sorveglianza che non esamineranno le richieste di applicazione di pena alternativa da parte degli stessi detenuti e che si limiteranno a rigettare tutto in maniera burocratica».
Parola più parola meno questo concetto, già enunciato nelle ultime trasmissioni di “Radio carcere” condotte da Riccardo Arena, era stato ribadito domenica scorsa durante l’ultima conversazione pomeridiana tra Marco Pannella e Massimo Bordin, trasmessa da Radio Radicale. Il vero problema italiano infatti è proprio quel “facite a faccia feroce” tipico di una burocrazia da terzo mondo, forte con i deboli e debole con i forti.
Dal presidente della Repubblica in giù, nessuno si prende le responsabilità più impopolari a costo di divenire “anti popolare”. Così è stato anche per “l’amnistia” per la repubblica, ormai più necessaria allo stesso stato di diritto che ai detenuti.
I radicali, dopo le parole, gli scioperi della fame e gli appelli firmati dai 120 giuristi a partire da Francesco Puggiotta al Capo dello stato perché si assumesse la responsabilità di un messaggio alle Camere sull’amnistia, hanno deciso, con l’iniziativa dell’avvocato Alessandro Gerardi, di passare alle denunce penali. Il tutto propedeutico a nuove pronunce dell’Europa contro il nostro stato, come quella “pilota”, o meglio esemplare, che dobbiamo attenderci da un momento all’altro tra capo e collo.
Il degrado, secondo Gerardi e i radicali, sta coinvolgendo anche le prerogative della presidenza della repubblica che «sempre più ha deciso di mutare il suo ruolo di Garante e custode della legalità costituzionale in quello di arbitro e mediatore tra le forze politiche.
Ergo? «Denunceremo tutti, alla magistratura italiana e poi alla Corte europea dei diritti dell’uomo». Ma perché denunciare magistrati di sorveglianza e gip?
Lo spiega perfettamente proprio Gerardi: «L’ordinamento penitenziario assegna poche ma importanti funzioni al magistrato di sorveglianza», tra cui «quella di vigilare sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e pena anche al fine di assicurare che la custodia degli imputati e dei condannati sia attuata in conformità con leggi e regolamenti». Ciò nonostante «capita spessissimo di visitare carceri in cui i detenuti non hanno mai visto il magistrato di sorveglianza competente, il quale peraltro non si reca da loro nemmeno per i colloqui richiesti, e non evade le istanze che gli vengono rivolte». Sui gip, spiega sempre Gerardi, «occorre ricordare che il 42% dei detenuti italiani è in attesa di giudizio», un «dato abnorme», una «percentuale che non ha eguali nel panorama europeo». «Sono i gip ad emettere le ordinanze che dispongono la custodia cautelare in carcere – precisa sempre Gerardi - e quindi abbiamo deciso di inviare a tutti i capi degli uffici gip una diffida: non si ricorra al carcere come misura cautelare estrema ogni qual volta non si sia in grado di garantire al destinatario del provvedimento un trattamento carcerario giusto, conforme a principi e leggi. In caso contrario, alla diffida seguirà la relativa denuncia presso le procure della Repubblica». D’altronde a mali estremi, estremi rimedi: quella della giustizia è la prima riforma da affrontare in Italia e il primo passo a questo punto non può che passare per l’amnistia. L’attuale situazione delle carceri e e della giustizia in genere la portano le scelte sbagliate e demagogiche del passato e non si può per quieto vivere politico continuare a fare finta di niente. I radicali così come non esitano a mettere in gioco il proprio corpo per mandare avanti le proprie battaglie, alla stessa maniera non esiteranno a inondare di denunce i magistrati italiani contro quei loro colleghi che se la cavano nascondendosi dietro la burocrazia. E anche per il Capo dello stato, anzi contro di lui, si preannunciano clamorose iniziative in Europa per il ripristino della legalità costituzionale. Insomma Pannella ha deciso: «A la guerre comme a la guerre».
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:29