Mercati cattivi e governi incompresi

Ricordo che nel recente passato circolava una frase propagandistica, espressa dai governi in crisi di credibilità, secondo la quale le cose realizzate non erano state adeguatamente spiegate al popolo, così da subìre l’eccessiva penalizzazione di un giudizio fondamentalmente distorto. Una tesi, quest’ultima, che ho sempre considerato ridicola e assolutamente controproducente sul piano politico. 

Ebbene, in questi giorni il premier Monti ha sostanzialmente aggiornato questa formula, sostenendo candidamente che il nostro paese starebbe scontando sul piano finanziario l’eccessiva sottovalutazione dei mercati in merito alle misure che il suo esecutivo tecnico ha adottato per rimettere in sesto l’Italia. In altri termini, la febbre da cavallo dello spread, tornato pericolosamente intorno ai 500 punti, deriverebbe in buona parte dalla incapacità degli investitori di capire fino in fondo la bontà della cura economico-finanziaria adottata dai professori prestati alla politica. 

Quindi, tanto per cambiare, dobbiamo prendere atto che il destino cinico e baro ci riserva sempre la beffa di governi assai validi ma sempre dannatamente incompresi. 

L’idea, al contrario, che possano aver ragione coloro i quali mostrano diffidenza nei confronti di una certa politica non sembra proprio passare per l’anticamera del cervello di chi ne porta la responsabilità. Sono gli altri che sbagliano nel giudizio, o per mancanza di una corretta divulgazione o, come ha rilevato l’attuale presidente del Consiglio, a causa di una informazione incompleta.

Ma forse, nella situazione attuale, le cose non stanno proprio in questi termini. Forse i mercati stanno considerando non così salvifiche le scelte di un governo tecnico, soprattutto perchè troppo sbilanciate sul fronte delle tasse, acuendo in tal modo la grave recessone già in atto. Forse proprio la micidiale combinazione di questo fattore, ossia la crescita sotto zero, con un indebitamento che ha raggiunto il 123,3 del Pil -qualcosa come duemila miliardi - ed una spesa corrente che nessuno, professori compresi, sembra riuscire a contenere è stata fin troppo ben compresa da chi è chiamato ad investire i suoi quattrini nel nostro paese. 

In parole ancor più semplici, la mia impressione sulla percezione dei mercati circa il nostro rischio paese mi risulta assolutamente corretta, in rapporto alle oscure prospettive di un sistema affetto oramai endemicamente  da una sorta di collettivismo strisciante che neppure l’esecutivo in carica è stato in grado di intaccare, ingolfato sempre più in una infinite serie di trattative con i partiti, i sindacati e le tante lobby parassitarie. Nell’ambito di una simile condizione, in assenza di un quadro politico in grado di portare avanti le necessarie riforme strutturali, che per noi liberali consistono essenzialmente in una riduzione drastica del perimetro pubblico, non si possono certo biasimare i mercati perchè tendono a chiedere un surplus nei confronti dei nostri titoli pubblici. Occorrerebbe invece prendersela con chi, oggi come ieri, continua a cullarsi nella nefasta illusione di riuscire ad esorcizzare le italiche difficoltà a colpi di luoghi comuni o di frasi fatte. Non è certamente questa la strada per uscire definitivamente dai guai.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:22