Alcuni magistrati italiani agiscono seguendo – forse perfino inconsciamente – le dinamiche proprie dell’agone politico . Tutta di sapore politico è infatti l’iniziativa di ben150 magistrati che hanno scritto una petizione pubblica indirizzata al Consiglio superiore della magistratura allo scopo di protestare contro l’azione disciplinare che tale organo sembrerebbe aver avviato nei confronti del Procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato. Cosa si rimprovera a Scarpinato?
Semplicemente di avere, il 19 luglio scorso, in occasione del discorso pronunciato per l’anniversario dell’uccisione di Borsellino, concluso parlando di autorità sedute in prima fila dalle quali emanerebbe un puzzo di compromesso morale con la mafia. Da qui, ovviamente, le reazioni. E, ancor più ovviamente, le controreazioni. E dunque, l’iniziativa del Csm, che in realtà non pare abbia dato inizio ad una vera azione disciplinare, viene additata come una pericolosa intrusione nella libertà di espressione del magistrato, di cui invece i 150 colleghi auspicano la piena libertà di manifestare il proprio pensiero. Orbene, si impongono due osservazioni. La prima.
Questi 150 magistrati ritengono che l’aver usato quelle espressioni – in verità alquanto impegnative – che evocano un «puzzo di compromesso» a proposito di alcuni esponenti delle autorità sedute in prima fila, rappresenti, per Scarpinato, il normale modo di espressione del pensiero; in particolare ritengono che non ci sia nulla di male a pronunciare quelle parole in pubblico davanti ad alcune centinaia di persone per poi farle pubblicare da tutti i quotidiani la mattina successiva. Ritengono insomma che non ci sia alcun effetto diffamatorio. Avrei qualche dubbio in proposito, anche perché l’esperienza ci dice con quale e quanta severità quegli stessi magistrati che formano i tribunali giudicanti son solleciti poi a condannare a rilevanti risarcimenti – spesso di decine e decine di migliaia di euro – quei giornalisti e commentatori che indulgono ad espressioni certo assai meno pesanti.
D’altra parte, parlare di «puzzo di compromesso», riferendosi ad alcune, non meglio identificate, delle autorità sedute in prima fila, nel corso di una manifestazione diretta a celebrare la memoria di Borsellino non pare certo il massimo della probità lessicale. La seconda osservazione. Ma come mai, il Capo dello stato, sempre così sollecito a muoversi e ad assumere iniziative al punto da formare un governo da lui voluto, nulla ha detto e nulla ha fatto per stigmatizzare la lettera dei 150 magistrati? Si badi. Costoro, al di là delle loro intenzioni che possiamo supporre nobilissime, di fatto interferiscono con l’attività istituzionale del Csm, nel momento in cui questo si appresta ad operare una delicata valutazione circa l’opportunità di attivarsi contro Scarpinato o meno. Essi hanno cioè messo in opera proprio quel tipo di intervento che tante volte abbiamo sentito criticare come inopportuno dalla Associazione nazionale magistrati, allorché qualche commentatore o qualche esponente politico abbia in passato criticato questa o quella iniziativa di una procura o di un tribunale.
Si diceva in quei casi che occorre lasciare tranquilli i magistrati che fanno un lavorio delicato e che critiche di quel genere potevano andare a detrimento di tale delicato compito e perciò era meglio evitarle. Benissimo. Attendiamo di sentire un eguale monito rivolto a questi 150 magistrati da parte del Capo dello stato. Sia perché, in questo caso, si tratta appunto di magistrati. Sia perché il Capo dello stato, non a caso, è il presidente del Csm. O no?
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:35