Secondo le rilevazioni più attendibili l’Italia appare, dopo la Grecia, il fanalino di coda dell’Europa. Per l’anno in corso, infatti, le previsioni più ottimistiche rilevano un calo economico di oltre il 2%; mentre nel 2013 è quasi certo che non arriverà la tanto auspicata ripresa, con un ulteriore discesa di circa mezzo punto percentuale. Ebbene, questo evidente rallentamento presuppone sul piano del gettito fiscale allargato più di un problemino, che non potrà certamente essere affrontato con una ulteriore infornata di tasse, i cui effetti recessivi darebbero il colpo di grazia ad un sistema già messo alle corde dalle ultime manovre finanziarie lacrime e sangue.
A ciò si aggiunge, nonostante l’ostentato ottimismo dei tecnici al governo, il perdurare dei nostri tassi d’interesse sul debito pubblico ad un livello a dir poco preoccupante. A tale proposito l’ultima asta dei Btp decennali, sui quali si misura il famigerato spread, ha mostrato un leggerissimo calo nei rendimenti, sfiorando comunque il 6% di rendimento. Questo in soldoni starebbe a significare, nel caso non si riuscisse riportare gli stessi interessi ad un livello prossimo a quello della pre-crisi, una spesa annuale quasi insostenibile per il Paese, considerando anche che oramai l’indebitamento dello Stato ha raggiunto la colossale cifra di 2.000 miliardi di euro. E sebbene in questi giorni stiamo relativamente beneficiando della ciambella di salvataggio lanciata dal governatore della Bce Draghi (ciambella di natura inflazionistica, dato che l’unica mossa consentita ad una banca centrale per salvare un paese in crisi di liquidità è quella di acquistarne parte dei titoli pubblici stampando nuove banconote), siamo ancora molto lontani dal realizzare quelle sempre più necessarie riforme per consentire alla nostra economia di riprendere a crescere, allentando di conseguenza la stretta sui titoli pubblici. Soprattutto sul piano di un taglio sostanziale alla spesa sembra che si stia vivendo una imbarazzante situazione di stallo, nonostante i solenni impegni presi in tal senso dal governo Monti.
Lo stallo del taglio alla spesa Eppure, non bisogna essere dei valenti bocconiani per comprendere che con un 55% di risorse controllate dalla mano pubblica risulta praticamente impossibile portare avanti qualunque politica di rilancio economico. In particolar modo, a questo livello di spesa corrisponde un prelievo tributario assolutamente incompatibile per stimolare dal lato dell’offerta i consumi e gli investimenti, dando per scontato che occorra una volta per tutte chiudere in un armadio le pericolose illusioni keynesiane che pure le ultime rassicurazioni del citato Draghi hanno contribuito a rinfocolare. Al di là delle chiacchiere e dei distintivi, l’unica strada per rimettere in sesto la capacità produttiva dell’intero sistemo passa per un forte allentamento della morsa politico-burocratica che soffoca lo sviluppo spontaneo della società, ossia il motore economico più potente di cui dispone la società. Altrimenti non possiamo che aspettarci una inevitabile caduta, i cui eventuali salvataggi finanziari dell’Europa non possono che rinviare di qualche tempo. Staremo a vedere.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:34