Nella prima riunione del nuovo consiglio di amministrazione della Rai, appena eletto dalla commissione parlamentare di vigilanza secondo le norme che disciplinano questa materia delicatissima, la presidente designata Anna Maria Tarantola, per una questione di stile e di rispetto istituzionale, ha preferito non essere presente. Infatti spetterà alla stessa commissione di vigilanza, che si riunirà domani giorno 12 luglio, eleggere Anna Maria Tarantola presidente della Rai, carica a cui è stata designata dal governo Monti sia perche è una personalità di indubbio rilievo e grande autorevolezza, che ha maturato nella banca d’Italia in qualità di vicedirettore generale una grande esperienza professionale, sia perché possiede le capacità per disegnare un nuovo modello di governance per l’azienda pubblica.
Sempre in base a quanto è emerso dalle notizie che hanno nel dibattito pubblico accompagnato la nomina del nuovo cda della Rai, con polemiche e difficoltà che sovente per i cittadino sono di difficile comprensione, Luigi Giubitoso dovrebbe essere nominato direttore, mentre Lorenza Lei, che ha ricoperto questo delicato compito con rigore e professionalità, avrà la responsabilità del settore relativo alle fiction ed al cinema, assai rilevante sul piano culturale ed artistico. I dati che riguardano la gestione della Rai destano seria e grande preoccupazione, poiché la principale azienda culturale del paese, come con espressione magniloquente viene considerata la televisione pubblica, ha perduto quote consistenti di pubblicità, circa 80 milioni di euro, ed ha oggettivamente, nell’era della comunicazione globale ampliata dalle nuove tecnologie, il problema ineludibile di ripensare il proprio ruolo, in riferimento alla influenza che esercita nella vita pubblica e nella società italiana.
La nozione generale di servizio pubblico, che definisce la natura istituzionale e chiarisce la missione ed il compito che la Rai è chiamata ad assolvere, merita di essere analizzata con molta attenzione. Sia il Ministero dell’Economia sia il Parlamento della Repubblica attraverso la commissione di vigilanza, in base alle norme vigenti, rappresentano le istituzioni da cui la Rai dipende. In ogni caso, e questa è una opinione condivisa da quanti lavorano nella informazione e vorrebbero una televisione pubblica di qualità in grado di favorire la crescita culturale nel Paese, si ha la netta impressione che l’invadenza della politica nelle scelte che riguardano la linea editoriale della Rai sia eccessiva e intollerabile.
Una nuova goverance della Rai, pur ribadendone la imprescindibile funzione nel Paese, deve mirare a salvaguardare l’autonomia editoriale di questa grande azienda pubblica dal potere politico, sia esso di destra, di sinistra, o di centro. In secondo luogo, quando si riflette sul senso ed il significato che occorre assegnare al servizio pubblico che la Rai deve offrire ai cittadini, è importante richiamare le vicende storiche della stessa azienda radiotelevisiva. Infatti, la Rai di Bernabè, uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nella televisione pubblica, aveva una vocazione pedagogica, che la televisione pubblica del nostro tempo pare avere smarrito e perduto.
Certo la Rai deve informare, assicurare il pluralismo della informazione, dare a tutte le forze politiche la possibilità di comunicare con i cittadini, intrattenere, evitando tuttavia, come sovente è accaduto in passato, che programmi privi di eleganza e contenuti siano proposti al grande pubblico. Come sostenne il grande filosofo Karl Popper, l’influenza che la televisione esercita nel plasmare l’immaginario collettivo è enorme, e in alcuni casi può diventare, specialmente in presenza di una programmazione basata sullo stupido intrattenimento, diseducativa e nefasta. Troppe volte, anche nei programmi di informazione, la dimensione dello spettacolo fa premio sulla esigenza di rappresentare e descrivere la complessità della realtà del nostro tempo. Viviamo, in questo momento, una crisi in Italia ed in Occidente, che avrà presumibilmente l’effetto di cambiare profondamente il nostro modo di vivere e pensare.
In che modo è stata raccontata la crisi e la recessione dalla televisione pubblica italiana? Come mai le trasmissioni di approfondimento vengono sempre assegnate agli stessi volti e personaggi, mentre altre grandi personalità sono sistematicamente ignorate? Per quali motivi si continuano a produrre fiction, la cui piattezza e prevedibilità le rende noiose, prevedibili ed inguardabili? Come mai, e questo per una azienda pubblica è grave, i programmi che si riferiscono alla cultura, letteratura, musica colta, teatro, incontri con intellettuali, sono relegati nella fascia notturna della programmazione? Si spera che il nuovo presidente Anna Maria Tarantola, a cui verranno affidate con le deleghe ampi poteri, possa restituire alla Rai la funzione che le spetta, sicché la nozione di servizio pubblico non sia più una vuota espressione da usare nelle dichiarazioni, di cui sono prodighi coloro che per le loro responsabilità hanno in questi anni gestito la Rai, conducendola ad una crisi gravissima.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:37