Una squadra nuova per il centrodestra

Ha perfettamente ragione Renato Brunetta quando denuncia il grande imbroglio di chi  sosteneva che la crisi italiana era il frutto degli errori e dell’inerzia del governo Berlusconi ed ora deve ammettere che la nuova e grande depressione dipende essenzialmente dalle scorrerie degli speculatori sui titoli di stato dell’Unione Europea.

Ha ancora più ragione l’autorevole esponente del Pdl quando sottolinea che se invece di ipotizzare manovre da cinquanta miliardi l’anno per vent’anni si operasse lungo le linee a suo tempo indicate sempre dal governo Berlusconi (ruolo potenziato della Bce, attacco serio al debito ma anche una adeguata considerazione che accanto al debito pubblico va considerato anche il debito privato di ciascun paese) si riuscirebbe ad accelerare la fase di uscita dalla crisi.

Le osservazioni di Brunetta sono dunque sacrosante. Ma sapere che il governo Berlusconi è stato calunniato ed aveva visto lungo e giusto riuscirà mai a riportare al voto gli elettori in libera uscita del centro destra? 

La questione è di fondamentale importanza. Perché solo recuperando la cosiddetta “maggioranza silenziosa” con un progetto di grande riforma ispirata ai valori liberali e democratici della prima fase del ventennio berlusconiano sarà possibile impedire che a governare il paese ci vadano quelli che hanno la piena ed assoluta responsabilità della crisi. Per non consegnare l’Italia a chi ha costruito lo stato burocratico-clientelare e lo vuole preservare ad ogni costo, in sostanza, ci si dovrà obbligatoriamente rivolgere a chi, pur non facendola appieno, ha quantomeno cercato di muoversi nella prospettiva della rivolzuone liberale.

Nel rivendicare di aver visto giusto e di non aver commesso errori, Brunetta compie sicuramente la sua parte nel tentativo di recuperare i delusi, i recalcitranti, gli indignati a qualsiasi titolo e pretesto. Ma il suo impegno non sembra trovare troppi imitatori nel Pdl. Nel partito fondato da Silvio Berlusconi sembrano prevalere quelli che o si considerano già sconfitti e si preoccupano solo di conservare il più a lungo possibile i privilegi ottenuti per miracolistica cooptazione dall’alto. O quelli che, illudendosi di potersi riciclare in qualche modo negli assetti politici della prossima legislatura, si preparano ad ogni tipo di slalom politico pur di rimanere comunque abbarbicati come cozze (ovviamente pelose) agli scogli del potere.

Il comportamento dei rassegnati alla sconfitta e dei furbi che pensano solo a riciclarsi sembra fatto apposta ad annullare le fatiche di Brunetta e di chi è consapevole che arrendersi significa consegnare il paese alla sinistra statalista e lottizzatrice. E, soprattutto, ad alimentare la delusione, la sfiducia, l’incazzatura e l’indignazione degli elettori del centro destra. Perché mai dovrebbero tornare a battersi se a sventolare le bandiere bianche ed a prepararsi alla fuga addirittura prima del tempo sono quelli che dovrebbero tenere alte le insegne e guidare le fasi della nuova mobilitazione?

Il problema, allora, è intervenire sui quadri dirigenti del centro destra. Rassicurando i timorosi, recuperando i capaci impauriti ma anche operando un ricambio profondo del nucleo dirigente della “maggioranza silenziosa”.

A sinistra Matteo Renzi guida la battaglia per la rottamazione dei vecchi capi bastone  di un partito che ha cambiato inifine volte la sua denominazione conservando sempre intatto il suo antico gruppo di comando. Sul versante opposto non c’è alcun bisogno di lanciare battaglie generazionali. Non ci sono caste intoccabili che si perpetuano da tempo immemorabile. Ma una ripulitura di chi non ci crede più, di  chi crede troppo nei propri stretti interessi personali o, più semplicemente, degli inadeguati non più presentabili, è ormai divenuta  indispensabile. Ci vogliono facce nuove, credibili, autorevoli, affidabili. Perché le buone idee, come dimostra Brunetta, ci sono. Ora si tratta di definire la squadra capace di realizzarle.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:14