Perché serve l'asse Pdl-Lega

Nessuno s’illuda che il Consiglio Europeo possa concludersi con qualche soluzione miracolistica in grado di salvare l’euro dalla crisi. E nessuno s’immagini che in mancanza di qualche miracolo a livello europeo la situazione interna italiana si deteriori a tal punto da provocare la crisi di governo ed il ricorso alle elezioni anticipate nel prossimo autunno.

Non ci sono e non ci possono essere soluzioni immediate e decisive in vista. Il percorso per l’uscita dalla crisi è lungo e tortuoso. Ed anche se tutti sono d’accordo sulla necessità che il suo sbocco sia rappresentato dalla fine dell’Europa unita burocraticamente all’avvento dell’Europa unita politicamente, nessuno è in grado di prevedere quando questo traguardo potrà essere raggiunto.

La politica interna nazionale, quindi, non dipende e non può dipendere dalle vicende europee. I suoi tempi sono completamente diversi. E basta considerare che le elezioni politiche si dovranno tenere alla scadenza naturale della legislatura anche se la crisi dell’euro dovesse continuare ad oltranza, per capire che le due questioni non si intrecciano in alcun modo.

Sbaglia, allora, chi prevede che di ritorno da un vertice europeo interlocutorio e poco decisivo, Mario Monti ed il suo governo siano costretti a gettare la spugna. Le forze politiche italiane non sono ancora pronte alla partita elettorale. Non lo è il centrodestra, che solo ora incomincia a riassumere la sua tradizionale fisionomia (l’asse Pdl-Lega sul Senato federale e sulle riforme istituzionali rilanciano la prospettiva di un ritorno alla vecchia alleanza che ha segnato la politica italiana negli ultimi vent’anni). E non lo è la sinistra dove la proposta di alleanza di governo tra Udc e Pd per la prossima legislatura sembra fatta apposta per dividere al massimo uno schieramento che a causa di questo eccessivo frazionamento difficilmente sarebbe in grado di esprimere una maggioranza solida in grado di governare il paese.

Il blocco di centrodestra ha dunque bisogno di tempo per tornare a consolidarsi. E non è detto che ci riesca. E lo stesso vale per l’area vasta ma differenziata della sinistra dove non è detto che la promessa di matrimonio governativo tra Casini e Bersani possa concretizzarsi e dove nessuno è in grado di prevedere come e dove si collocheranno Sel, Idv, Rifondazione, neo-comunisti ed il movimento antagonista di Beppe Grillo.

Alle elezioni, allora, si incomincerà a pensare seriamente solo in autunno. Dopo che le traversie estive dell’euro e della crisi economica avranno fatto maturare la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa. E dopo che, passato la sciame sismico che ha terremotato gran parte della vita pubblica nazionale, i partiti ritorneranno ad assestarsi secondo logica, tradizione e, soprattutto, buon senso.

Queste tre priorità valgono soprattutto per Pdl e Lega, cioè per le due componenti principali del centrodestra che nell’ultima fase hanno sofferto la crisi delle rispettive leadership. Per loro logica, tradizione e buon senso impongono di ricostruire al più presto l’asse politico che ha assicurato loro il successo politico degli ultimi due decenni. E’ probabile che un asse rinnovato tra Pdl e Lega non sia più maggioritario nel paese . Cioè che i due partiti non siano più in grado di governare da soli. Ma è sicuro che in una situazione di crisi europea di lungo periodo nessuno possa pensare di poter governare senza il contributo o con l’opposizione di un blocco sociale così ampio e così radicato.

Può essere, in sostanza, come ipotizza Casini, che il perdurare della crisi europea imponga nella prossima legislatura di realizzare un governo segnato dall’alleanza tra i moderati ed i progressisti.

Logica, tradizione e buon senso impongono a Pdl e Lega di essere la parte preponderante dello schieramento moderato.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:09