Lo scherzetto di Casini divide i partiti

Il più ringalluzzito per il progetto di alleanza tra Udc e Pd lanciato da Pierferdinando Casini è stato Massimo D’Alema. Che da almeno tre decenni va teorizzando la necessità di applicare questo schema politico che gli ricorda la sua giovinezza. E che, di fronte alla sortita del leader dell’Udc, ha subito ricordato con nostalgia Enrico Berlinguer ed il suo compromesso storico. Il più soddisfatto è stato Pierluigi Bersani che di fronte allo schema casiniano ha incominciato a pregustare il momento in cui potrebbe concretizzarsi il sogno di entrare vincitore a Palazzo Chigi. Il meno preoccupato è stato Silvio Berlusconi che ha subito sventolato un sondaggio in base al quale l’Udc alleata al Pd si porterebbe appresso solo il 10 per cento del proprio elettorato. I più pronti a reagire sono stati Nichi Vendola ed Antonio Di Pietro che hanno prontamente ipotizzato di fare fronte comune contro la deriva post-democristiana del Pd. Ed i più compiaciuti sono risultati lo sfidante di Bersani alle primarie del Pd Matteo Renzi ed il leader del qualunquismo d’ultra sinistra Beppe Grillo, entrambi convinti di aver avuto in regalo dalla coppia Casini-Bersani la possibilità di  cavalcare la tigre della ripulsa della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana contro i giochi ormai obsoleti dei decrepiti mandarini della vecchia politica.

Rimane da stabilire lo stato d’animo dell’autore della proposta, cioè di Pierferdinando Casini. E qui l’impresa appare più complicata. Perché tutti si può dire del leader dell’Udc tranne che sia uno sprovveduto. Casini, quindi, sa perfettamente, che l’ipotesi di andare alle elezioni proponendo per la nuova legislatura una alleanza di governo tra moderati e progressisti è destinata non ad unire ma a dividere. Sia i moderati, sia i progressisti. Sul versante dei primi può recuperare qualche scissionista del Pdl ma finisce con il favorire il ricompattamento attorno a Berlusconi, Alfano, Bossi e Maroni la gran parte dell’elettorato del vecchio centro destra. Sul versante dei secondi sembra fatta apposta per mettere in difficoltà sia all’interno che all’esterno del Pd il povero Pierluigi Bersani. Che ora per vedere concretizzato il sogno di Palazzo Chigi deve mettere in conto di superare l’ostilità di tutti quelli che gli chiedono in continuazione di fornire un qualche segnale di novità e di rinnovamento ed a cui si prepara a servire una sorta di ribollita acida e ristretta del compromesso storico.

Perché, allora, Casini ha lanciato una proposta che sembra fatta apposta per mettere in particolare difficoltà l’alleato prescelto? Forse perchè abbacinato dalla prospettiva di dare il via libera a Bersani al governo per avere in cambio l’impegno a fargli conquistare la Presidenza della repubblica?

Chi lo pensa dimentica la lunga esperienza democristiana del leader dell’Udc. Che non può non avergli insegnato la regola secondo cui chi parte con troppo anticipo nella volata per il Quirinale subisce sempre una dolorosa sconfitta. Ed allora? Se neppure una mal contenuta ambizione a succedere a Giorgio Napolitano avrebbe spinto Casini a lanciare la sua proposta, perché mai lo ha fatto?

L’interrogativo è aperto. Anche se qualcuno incomincia a pensare che il furbo Pier abbia voluto fare uno scherzetto da prete a quanti, da Montezemolo a Passera, vorrebbero presentarsi come i campioni della società civile di area moderata per poi poter chiudere l’accordo di governo con un Pd indebolito dalla concorrenza di Vendola, Di Pietro e Grillo. Insomma, li avrebbe presi sul tempo occupando uno spazio su cui da adesso in avanti ben pochi si potranno piazzare.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:35