È come in quei concorsi pubblici in cui per conquistare i due posti in palio si presentano diecimila candidati. Con la sola differenza che non c'è alcun bisogno di radunare i concorrenti in immensi locali dove sottoporli a esami che il più delle volte, a stare alle denunce dei bocciati, risultano truccati. Perché non ci sono esami da effettuare ed il trucco è dichiarato in partenza. Si parla, ovviamente, del prossimo Consiglio di amministrazione della Rai.
Quello che in nome della trasparenza, dell'etica, della moralità dovrebbe essere nominato dalla Commissione di vigilanza parlamentare sulle trasmissioni radiotelevisive dopo un attento esame dei titoli e dei meriti contenuti nei curricula sollecitati dal governo per imporre un cambio di passo rispetto ai metodi nefasti della vecchia lottizzazione. Nessuno mette in discussione le buone intenzioni dell'esecutivo. Che, tanto per dare un segno di profonda novità, ha designato per la presidenza e la direzione generale della Rai al posto dei soliti "amici" di Alfano, Bersani e Casini due "amici tecnici" di Mario Monti. Ma il frutto di queste buone intenzioni è decisamente bizzarro. Le autocandidature al Consiglio di amministrazione della Rai stanno diventando un fenomeno di massa. L'esempio di Santoro e Freccero, i primi a presentare i propri curricula, ha fatto scuola ed è diventato una valanga che ogni giorno che passa aumenta a dismisura.
Il paragone con i concorsi per postino o per impiegato comunale sono forse impropri. Ma quello con con le selezioni degli aspiranti al Grande fratello o all'Isola dei famosi, visto che si parla di televisione, è più calzante. Ormai non c'è un giornalista, un intellettuale, in dipendente in pensione o in attività della Rai, un professore con una qualche specializzazione in Scienza della comunicazione che non abbia inviato il suo bravo curriculum a Palazzo San Macuto, sede della Commissione di vigilanza. L'elenco degli aspiranti amministratori è diventato sterminato. A dimostrazione non solo della gravità della crisi economica, che spinge anche gente che non se la passa troppo male a cercare una sistemazione solida a viale Mazzini, ma anche dell'attaccamento degli italiani colti e con alta coscienza di se stessi a "mamma Rai" ed alla sua proverbiale funzione di ammortizzatore sociale per la categoria degli intellettuali e dei perdigiorno. Insomma, una volta eravamo un popolo di santi e navigatori. Adesso di aspiranti consiglieri d'amministrazione della Rai! Ma l'aspetto più bizzarro del fenomeno non è nella sua dimensione. È nel fatto che tutti quelli che presentano il proprio curriculum sanno già che il concorso è truccato. Cioè che a nessun componente della Commissione di vigilanza della Rai passerà mai per la testa di esaminare seriamente le autocandidature. E che i criteri di scelta saranno quelli di sempre, sia pure coperti da questa allegra fiera delle vanità e delle ambizioni sollecitata con improvvida ingenuità (o furbesca protervia) dal governo dei tecnici.
A decidere saranno le segreterie dei partiti. Quelle del Pdl e dell'Udc, senza tante ipocrisie. Quella del Pd, raccontando la favola della designazione dei due consiglieri di sua spettanza da parte di associazioni della società civile (che proporranno nomi opportunamente suggeriti dallo stesso Pd). Ma se il concorso è truccato ed il trucco palese e dichiarato come si spiega il miracolo della moltiplicazione dei curricula? Semplice. Il nostro è un paese dove alla tendenza dei governi ad ordinare il "facite ammuina" corrisponde la tendenza italiana a farla di buon grado.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:04