La guerra incivile del fisco agli italiani

«In banca il fisco fa ciò che vuole». Titolava più o meno così, qualche giorno fa in prima pagina, Italiaoggi. Aprendo finalmente una breccia mediatica nel grande imbroglio del governo Monti (ma non solo): la fantomatica "lotta all'evasione fiscale". Un totem e insieme un tabù, alimentato con dati falsi, immaginari o ipotetici, mai certificati da nulla. Tutto per additare colpevoli di repertorio e non puntare il dito contro gli sprechi e le clientele, quasi capillari, di una partitocrazia che si appropria del denaro pubblico da decenni e che costringe gli italiani a pagare sempre di più per mantenere questa satrapia da democrazia reale. Si addita un colpevole immaginario per coprire quello reale. Ora arriva una sentenza di Cassazione, la 5849 del 13 aprile 2012, in cui si afferma che «gli accertamenti bancari da parte del fisco sono legittimi anche senza motivazioni» e di conseguenza «anche a carico di terzi coinvolti nell'accertamento». 

La cosa era rivolta ai soci delle società: se io, occhiuto fisco italiota, sospetto che alcuni fondi di bilancio siano occultati nei conti correnti di soci o dipendenti della stessa impresa ecco che inizio la pesca a strascico. Il giornalista Marino Longoni , ricordando le parole inascoltate del garante della privacy Pizzetti («La norma che impone la trasmissione di tutti i dati relativi ai movimenti sui nostri conti correnti, a prescindere da qualsivoglia tipo di indagine, è una norma gravissima, perché implica che siamo tutti dei potenziali evasori»), si chiedeva retoricamente se «l'imperativo della lotta all'evasione deve essere così totalizzante da annichilire ogni altro valore, a cominciare da quello della libertà?». In Italia, pur di limitare le libertà individuali, dal 1970 a oggi si è amplificato o inventato qualunque tipo di emergenza, vera, finta o presunta. Dal terrorismo, alla mafia, dalla pedofilia all'evasione fiscale. Peggio per chi farà da esempio. Peggio per gli innocenti. Proprio in questi giorni che qualche centinaio di migliaia di italiani sta ricevendo lettere minatorie dall'Agenzia delle entrate che vanno a fare inchieste di settore su chiunque abbia speso più di quanto dichiarato, senza vedere se lo ha fatto chiedendo prestiti o usando riserve accumulate nel tempo, va anche detto ciò che rimane nell'ombra di questa isterica psicosi della lotta all'evasione fiscale: "la guerra incivile" tra cittadini privilegiati con l'impiego pubblico sempre e comunque garantito e tutti gli altri. Se la mia azienda privata va in crisi io sono licenziabile, se va in crisi l'"azienda-stato" invece no. Mai sembrano comprimibili le macchina ministeriali, i comuni, le municipalizzate, la regione e le province. 

Tutta questa gente, entrata con la spintarella politica sedimentata in decenni, non ne vuole sapere delle logiche del mercato. Meglio che tutti gli altri continuino a pagar loro lo stipendio inasprendo la pressione fiscale. L'importante è trovare un capro espiatorio immaginario cui dare la colpa di ciò: il mitico evasore fiscale. Pazienza, poi, se nella maggior parte dei casi si tratta di gente che non dichiara qualcosa in più (peraltro già tassato alla fonte) per non cumulare i due miseri redditi, metti pensione e affitto, o lavoro fisso con collaborazione, o piccoli lavori come maestro di tennis, meccanico, riparatore di elettrodomestici. Questi maledetti devono pagare gli stipendi alla casta degli intoccabili: i dipendenti pubblici, un esercito per giunta pieno di generali. 

Quanto potrà durare questo infingimento? Quanto potrà essere sollecitata questa "guerra incivile" del fisco? Più passa il tempo più ciò produrrà crisi. Niente più meccanici, niente più muratori, rumeni o italiani, niente maestri di tennis, niente riparazioni di televisori. Qui si è scelto di mandare in malora due terzi degli italiani per salvare quelli che più rispondono a logiche di partitocrazia, lottizzazione, spartizione e clientela. E francamente non serviva un governo tecnico per questa ennesima "trovata" della politica. Ma coloro che beneficiano di questo stato di prepotenza fiscale ci facciano la cortesia di non nascondersi dietro il paravento della lotta all'evasione. E anche la vicenda esodati, in cui si nascondono i numeri per non fare sapere che saranno "protetti" solo i dipendenti pubblici, testimonia in tal senso. Ormai siamo "à la guerre", E quindi "comme à la guerre" ci si va. "Loro" difendono i propri privilegi a danno degli altri, ma "gli altri" non sono mica scemi.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:29