La sinistra getta la maschera sul merito. Attesa al varco da tempo, alla fine non ha retto al richiamo della foresta. Finché si trattava di prendere di mira le olgettine o additare i listoni bloccati berlusconiani, la parola "meritocrazia" era assurta a somma divinità del pantheon culturale sinistrorso. Ma adesso che il babau non c'è più, non serve fingere ancora di essere quello che non si è mai stati, e si torna quindi a sventolare il peggior egualitarismo veterosessantottino.
Guai a parlare di meritocrazia in Italia. Figurarsi pensare di poter fare qualcosa di più che parlarne soltanto. Ne sa qualcosa il sottosegretario Antonio Catricalà, costretto all'autoflagellazione sulle pagine di Repubblica per aver osato parlare di merito nel meccanismo di promozione delle toghe. Ieri è toccato al ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, con un interrogatorio (pardon, intervista) sulle pagine dell'Unità. Sul quotidiano di Antonio Gramsci un'incalzante giornalista lo ha costretto, una domanda dopo l'altra, a fare ammenda ai sindacati e all'Intelligencija "Falce&Libello" per aver sostenuto, horribile dictu, di voler premiare il merito nella scuola.
Prima, al ministro si chiede quale sia l'urgenza di adottare un provvedimento sul merito. Quasi come se l'Italia non fosse il paese in cui i capelli bianchi e le raccomandazioni contano molto di più dell'impegno, dove i dirigenti della pubblica amministrazione hanno curricula da fattorini del catasto (e per questo li tengono ben nascosti), e dove chi vuole provare a farcela con le sue sole proprie forze è costretto a fare le valige il prima possibile. Poi gli si domanda se davvero sia così importante parlare di merito quando si fa i conti con una dispersione scolastica altissima. Quasi questa dispersione non fosse figlia della mentalità perversa secondo il quale tutti hanno diritto al proprio bel pezzo di carta da appendere al muro, tanto i secchioni quanto i somari. E pazienza se nel voler garantire il massimo dei voti a tutti, anche a chi non lo merita, si ingenera una corsa al ribasso che invece di aiutare chi rimane indietro taglia le gambe a chi avrebbe i numeri per andare avanti. E pazienza persino se tutto questo ha instillato nell'opinione pubblica italiota il disprezzo per qualsiasi lavoro non intellettuale, convincendola fosse meglio un pessimo dottore che un eccellente manovale.
Meglio continuare a promettere a tutti il diritto di pascolare per otto anni nei corridoi di qualche facoltà inutile (salvo poi lamentarsi di quanti laureati "eccellenti" siano costretti a lavorare nei call-center) piuttosto che provvedere sì a tutti l'opportunità di farsi valere col merito, ma concentrare poi gli sforzi su chi i meriti dimostra di averli per davvero. Meglio blaterare di uguaglianza proprio mentre si crea disuguaglianza, perché invece di garantire a tutti le stesse condizioni di partenza li si illude di avere automaticamente diritto agli stessi traguardi.
Il fatto che un ministro dell'Istruzione debba scusarsi su l'Unità per aver parlato meritocrazia è sintomatico di quanto sia grave lo stato di salute in cui versa il paese. Come lo è il fatto che su Repubblica faccia bella mostra di sé un brodoso editoriale di Alberto Asor Rosa nel quale l'intellettuale politicamente corretto ostenta il suo disprezzo per il progetto di Profumo di voler trasformare la scuola in una sorta di «corsa ad ostacoli». Per Asor Rosa, che si pente di essere stato in gioventù il primo della classe, chi eccelle ha per forza qualcosa di cui vergognarsi, perché ignora la lezione Marx e diserta la lotta di classe (anche se la classe è soltanto la IIIC).
Serve a poco innalzare elegie sui mali che affliggono il paese quando si persevera nel venerare i profeti della mediocrità, i fautori del minimo sindacale, i cattivi maestri che educano gli allievi a non essere i primi per non rischiare di urtare la sensibilità degli ultimi, e allo stesso tempo lasciano gli ultimi nella convinzione che non ci sia alcuna ragione per tentare di sollevarsi dalla propria inettitudine quando tutto il resto del mondo gioca al ribasso. Finché continueremo a considerare il merito alla stregua di una bestemmia, ci meriteremo soltanto le bestemmie della storia.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:33