Ha perfettamente ragione Silvio Berlusconi quando sostiene che il problema del Pdl non è quello di dissolversi ma quello di rinnovarsi con l'innesto di giovani e di facce nuove. Rischia di avere torto allorché, a chi lo rimprovera di non cambiare il gruppo dirigente del partito e a chi contesta al gruppo dirigente di non liberarsi dal "caro leader", non spiega come dovrebbe avvenire l'auspicato innesto di giovani e di facce nuove.
Il vero problema del Pdl, infatti, non è il suo leader ingombrante o il suo gruppo dirigente formato in parte da gente che di suo non ha un voto ma solo l'ardente desiderio di rimanere comunque in Parlamento. Il problema è la sua democrazia interna. O, se vogliamo usare una terminologia non da manuale di politica tradizionale ma da organizzazione d'azienda adattato al sistema politico, il metodo di selezione dei suoi quadri dirigenti. La formazione del gruppo dirigente attraverso l'applicazione del metodo democratico all'interno del partito, così come chiedevano inascoltati alcuni padri costituenti zittiti all'epoca da Dc e Pci, è unico e di una semplicità sconcertante. La competizione dei candidati alle cariche e le votazioni interne sono gli strumenti di selezione . Che non sono perfetti e che producono sicuramente degli inconvenienti ma, come l'intero sistema democratico, rappresentano comunque il meno peggio di ogni altro metodo di formazione dei gruppi dirigenti di una formazione politica.
Nel Pdl questo metodo non è stato mai applicato. Non perché non condiviso o osteggiato in quanto democratico. Ma in parte per motivi contingenti (quando il Pdl è nato nel '94 non c'era né la possibilità né il tempo di creare i quadri attraverso il metodo democratico). Ed in parte per la diffusa convinzione nata in omaggio alla formazione professionale del Cavaliere che il metodo democratico fosse ormai superato dai più moderni metodi tratti dall'esperienza della formazione dei quadri delle grandi aziende. Chi ha partecipato o seguito la fase di costruzione di Forza Italia non può aver dimenticato l'enfasi con cui veniva annunciato che appositi "cacciatori di teste" avrebbero selezionato i quadri del neonato partito. E non può non ricordare le ridicole processioni di chi ingenuamente si sottoponeva a test ed esami per l'ammissione ad eventuali candidature parlamentari realizzate da chi sapeva perfettamente che le selezioni vere sarebbero avvenute con criteri di tutt'altro genere.
Come verranno, allora, i giovani e le facce nuove che dovrebbero innervare il Pdl evitando la sua dissoluzione? Se il metodo è quello della cooptazione arbitraria, cioè il metodo che è stato abitualmente seguito fino ad ora, è bene sapere fin da adesso che l'innervamento non produrrà alcun risultato salvifico. Con il metodo usato fino ad ora la dissoluzione è certa. Se, al contrario, visto che le emergenze contingenti sono finite e che l'esperienza dei "cacciatori di teste" ha prodotto solo qualche "testa vera" e molte " teste di cavolo", si applicherà il metodo democratico, l'innervamento può riuscire e la dissoluzione può essere evitata.
Naturalmente il metodo da applicare può e deve essere innovato. Dall'abolizione delle tessere e dall'iscrizione al partito all'atto del voto nelle primarie. E, magari, dalla integrazione del metodo democratico da un sistema limitato di cooptazione per esclusiva chiara fama professionale o culturale. Ma un chiarimento specifico su questo punto non può tardare.
Il tempo, infatti, stringe. E chi non ha ancora deciso se il Pdl è un vuoto a perdere o se è ancora una speranza da perseguire non può attendere oltre!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:25