I nostalgici del proporzionalismo sono stati spiazzati. Perché la mossa di Berlusconi ed Alfano di lanciare la proposta del semipresidenzialismo sarà pure strumentale e rivolta, come qualcuno ha detto, a buttare la palla in tribuna.
Ma ha messo in seria difficoltà chi sperava, a dispetto della lezione di ingovernabilità delle elezioni in Grecia e di stabilità delle elezioni francesi, di continuare a perseguire l'obbiettivo di cancellare il bipolarismo dalla scena politica italiana e tornare ai tempi della Prima repubblica.
Questa difficoltà è emersa con chiarezza dalle reazioni che i nostalgici hanno avuto di fronte alla proposta del Pdl. Si è parlato di tempi troppo ristretti come se non si sapesse che se ci fosse un serio accordo politico tra le forze dell'attuale maggioranza non ci sarebbe alcun problema a modificare la Costituzione prima della scadenza della legislatura.
Si è tirato fuori la scusa che se si introducesse il semipresidenzialismo l'attuale presidente della Repubblica sarebbe costretto a dimettersi almeno due o tre mesi prima della scadenza del suo mandato.
Come se, di fronte ad una grande riforma concordata dalla stragrande maggioranza delle forze politiche, Giorgio Napolitano potesse avere qualche dubbio ad uscire dal Quirinale con qualche settimana d'anticipo.
E si è tentata l'avventurosa arrampicata sugli specchi della richiesta di introdurre subito il doppio turno rinviando il semi presidenzialismo alla prossima legislatura. Come se si potesse tranquillamente introdurre una legge elettorale destinata ad introdurre l'elezione diretta del Capo del governo senza riequilibrare i pesi ed i bilanciamenti istituzionali.
Naturalmente questa difficoltà non rimarrà senza conseguenze. Nessuno s'illude che la riforma del semipresidenzialismo lanciata dal Pdl possa mai vedere la luce nei prossimi mesi. E tutti danno per scontato che diventerà, al massimo, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del centro destra.
Ma la doppia lezione greca e francese non può passare invano. Chiunque abbia la consapevolezza che non si può uscire dalla crisi economica se non si esce contemporaneamente dalla crisi istituzionale non può rimanere con le mani in mano.
Chi è convinto della necessità di accelerare il processo di transizione dalla seconda alla Terza repubblica istituzionalizzando il bipolarismo attraverso il semipresidenzialismo alla francese, deve reagire di fronte all'ennesimo stop al processo riformatore superando le differenze e le divisioni di schieramento.
L'esempio da seguire è quello dei comitati referendari a cui partecipano esponenti dei più diversi partiti uniti solo dalla volontà di condurre una battaglia su un comune progetto. Perché, allora, i presidenzialisti del centro destra e del centro sinistra non si riuniscono in un comitato per la Terza repubblica ispirata al modello francese?
E perché, dando per scontato che si tornerà a votare un il Porcellum magari appena ritoccato, non si battono in favore di una Assemblea costituente votata insieme al nuovo Parlamento per approvare, nell'arco di soli dodici mesi, la riforma semipresidenzialista?
C'è il problema dell'elezione del Capo dello stato da tenere subito dopo le politiche del prossimo anno? Un Presidente della Repubblica destinato a restare in carica solo per un anno? E quale sarebbe questo problema? Quello di prorogare di un anno il mandato di Napolitano?
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:16