Come non era colpa di Silvio Berlusconi se lo spread saliva alle stelle, non è colpa di Mario Monti se l'Italia è di nuovo nel mirino della speculazione internazionale favorita dal comportamento ostile e criminale delle agenzie di rating americane. Oggi come allora il governo ed il paese sono vittime della tensione a livello planetario provocata dalla crisi dell'euro e della struttura sbagliata e fatta a misura della sola Germania dell'Unione Europea. Non era il burlesque del Cavaliere, allora, a provocare le tempeste monetarie sul nostro paese. E non è il volto mesto e monocorde del Professore ad alimentare la bufera che minaccia di trascinare l'Italia verso il baratro a cui sembra destinata la Grecia insieme ai paesi più deboli dell'Europa meridionale.
Questo, naturalmente, non significa rimpiangere il burlesque o auspicare che la mestizia diventi il tratto distintivo degli italiani per i prossimi vent'anni. Significa distinguere tra i problemi internazionali e quelli nazionali. Sapere che non si risolvono i primi se non si ricostruisce la Ue sulla base delle regole della democrazia e non sulle pretese dei banchieri tedeschi. E avere la consapevolezza che, accanto ad una azione di politica estera degna di un paese sovrano, ci deve essere una azione di politica interna capace di affrontare i problemi reali senza oscillare tra le "zoccole" e le "prefiche" (tanto per semplificare), ma avendo come punto di riferimento solo l'interesse concreto dei cittadini. Tutto questo è facile a dirsi ma difficile da realizzare. Perché per ricostruire una Europa fondata sulla volontà dei popoli e delle nazioni e non sulle pretese delle burocrazie germanizzate ci vorranno anni. Nel frattempo, il Vecchio Continente rischia di subire sconquassi da terzo conflitto mondiale. E per affrontare i problemi interni ci vuole una capacità che la classe politica e quella dirigente italiana sembra aver definitivamente perduto negli ultimi anni passati tra l'irrealtà dell'edonismo berlusconiano e la forsennatezza del moralismo fasullo e strumentale. Insomma, tra le "zoccole" e le "prefiche" serve una via di mezzo. Che è quella della estema concretezza. Una via che il governo Monti avrebbe dovuto seguire con determinazione, visto che la sua natura tecnica lo avrebbe dovuto tenere lontano dalle contaminazioni dell'uno e dell'altro eccesso. E che, invece, non riesce a seguire perché, dopo avere marcato la propria distanza dallo "zoccolume", non è riuscito e non sa fare altrettanto rispetto all'irrealtà del moralismo politicamente corretto e del giustizialismo strumentale. La tragedia, in altri termini, è che la cultura dominante del governo è quella delle "prefiche". Cioè di quelle che trasformano la tragedia in una recita vuota (alla Fazio ed alla Saviano, tanto per intenderci) che serve solo a rinviare a data da destinarsi la soluzione dei problemi concreti.
Il caso della sceneggiata in scena in questi giorni sulle norme contro la corruzione e su quelle sul ripristino del falso in bilancio è illuminante. Idv e Pd conducono su questi temi gli ultimi scampoli di campagna elettorale amministrativa nella certezza assoluta che le misure richieste, del tutto inutili se non addirittura dannose, non verranno mai fatte passare dal Pdl e delle altre forze di centrodestra, anche loro alle prese con le richieste dei propri elettori. Ed il governo, che sa benissimo come le norme contro la corruzione sarebbero grida manzoniane non più efficaci delle leggi attuali e che con il ritorno al vecchi falso in bilancio la totalità delle società italiane sarebbe alla mercé di una magistratura imprevedibile ed umorale, non sa tenere la linea mediana della concretezza spiegando al paese che un teatrino del genere serve solo ad illudere l'opinione pubblica che l'unica speranza per il paese è quella del "più manette per tutti"! Speriamo che dopo i ballottaggi la sceneggiata finisca ed il governo sappia resistere ai condizionamenti del moralismo politicamente corretto. Perché passare dalle "zoccole" alle "prefiche" sarebbe come passare dalla padella nella brace. Con l'aggravante della depressione.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:20