Ecco perché Sarkozy perderà l'Eliseo

Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi (e quando scrivo "elezioni presidenziali" provo molta invidia!) è stato, a discapito di come lo vogliono far passare molti giornalisti, di sostanziale parità. Una differenza di un 1,3%, con un ballottaggio all'orizzonte, lascia normalmente aperta qualsiasi ipotesi di risultato finale. Però quando Hollande parla di «condizioni per vincere» ha tutto sommato ragione, perché in realtà il presidente uscente si troverebbe in un vicolo cieco. 

Come tutti i ballottaggi di questo mondo, i candidati ancora in corsa provano ad accaparrarsi gli elettori dei candidati usciti al primo turno. Ebbene, mentre Hollande potrà contare sul sostegno degli elettori dell'estrema sinistra, che vedono comunque Sarkozy come "il male" da estirpare, Sarkozy non può dar per scontato che gli elettori del Fronte Nazionale votino per lui. Per accaparrarsi quegli elettori (un bacino di voti enorme, con un risultato per Marine Le Pen sopra le aspettative dei sondaggisti) Sarkò dovrà virare a destra, con una campagna sempre più anti-immigrazione e anti-europeista. Questo però vorrebbe comunque dire non attrarre alcun voto dagli elettori del centrista Bayrou, anzi, addirittura il rischio di perderne alcuni dei suoi più moderati che potrebbero nel caso non andare a votare al secondo turno. 

Insomma, se va a destra perde al centro, se rimane al centro resta inchiodato sotto al 30%, in pratica, come dicevo prima, un vicolo cieco. Mentre per Hollande la strada è in discesa, poiché avendo una sinistra che è andata sotto le aspettative, può coccolarsi senza problemi i centristi, i quali, come accade spesso anche in Italia, con percentuali da anidride carbonica sull'Himalaya fanno però il grosso peso dell'ago di una bilancia. Da una parte mi dovrebbe dispiacere, perché l'Ump (il partito di Sarkozy) fa parte della famiglia del Partito popolare europeo. Sarkozy l'ho conosciuto, ci ho parlato, l'ho ascoltato più volte dal vivo. 

Quando era ancora un semplice ministro dell'Interno e Segretario nazionale del partito, lo trovavo molto carismatico. Mi piacevano i suoi interventi dal palco delle convention che seguivo in quegli anni tra Parigi e Bruxelles. Anche perché era un anti-Chirac. Personaggio che non ho mai potuto sopportare (ho conosciuto anche lui, ma quando ormai era un pensionato). La frase di Chirac sul "bottegaio" Berlusconi riguardo al progetto "Telecinq" - quando l'ex premier ancora non era entrato in politica - sommava un populismo e un nazionalismo di tipica arroganza francese da lasciare alquanto perplessi. Però quel Sarkozy anti-chirachiano, ha poi usato la stessa arroganza nei nostri confronti come il suo predecessore. Ultimo esempio, la chiusura della frontiera a Ventimiglia ai danni di quei disperati libici, che secondo lui dovevano marcire tra Lampedusa e la Valle d'Aosta. Il tutto a causa di una guerra voluta da lui e che, come ho sempre sostenuto, si mascherava dietro una difesa di diritti umani e della popolazione contro il tiranno Gheddafi, ma in realtà era spinta dagli interessi economici e commerciali francesi in quel paese, il quale aveva aperto dopo 39 anni le porte alle aziende italiane (inevitabilmente a discapito di quelle francesi e inglesi). Gheddafi andava bene finché concedeva appalti ai francesi. Quando invece, grazie all'opportuno intervento di Silvio Berlusconi, aprì il mercato alle aziende italiane, Gheddafi divenne un tiranno da eliminare. Realpolitik, si dirà. Siamo tutti europei, ma per Sarkozy chissenefrega, si dirà. Ci passiamo sopra perchè non potevamo noi difendere Gheddafi solo perché ci aveva aperto i mercati, si dirà. Ma lasciare quei disperati che fuggivano da una guerra causata dalla Francia a morire in fondo al Mediterraneo per Parigi era da considerarsi un problema esclusivamente italiano, non certo francese. 

E in fondo nemmeno europeo. E meno male che fu proprio un francese a pronunciare più volte il termine "solidarietà", come valore di base, nella dichiarazione che propose all'Italia di De Gasperi nel 1950 per condividere un percorso insieme. Sto parlando di Robert Schuman. Quel percorso sarebbe stata poi l'integrazione europea. Ma Sarkozy rinnega tutto e cavalca il populismo. Nel frattempo Strasburgo se la tiene ben stretta perché fa comodo, a danno dei contribuenti europei (250 milioni di euro l'anno). Poi fa spallucce alla Merkel deridendo l'Italia. Allora sì, è giusto che vada a casa. Spiace solo per il partito che l'ha fatto arrivare fin lì, l'Union pour un Mouvement Populaire. Un partito serio e moderato, che, a mio avviso, non vede l'ora di mettere alle proprie spalle gli errori di arroganza del presidente e guardare avanti. Già in funzione delle elezioni del 2017.

Certo 5 anni di presidenza socialista per i nostri cugini d'oltralpe fanno venire i brividi: alta pressione fiscale, poca flessibilità nel mercato del lavoro, politiche immigratorie a favore della "banlieue". Che Dio ce ne scampi... Ah no. La parola "Dio" in Francia non si può pronunciare perché altrimenti sei etichettato come un fanatico religioso! Allora, facendo gli scongiuri, buona crisi a tutti.

*Membro dell'Assemblea politica del Partito Popolare Europeo

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:06