Riformismo liberale

Ormai sono tutti convinti, tranne gli irriducibili della sinistra sociale e politica fondamentalista, che l'emergenza giustifichi ogni tipo di riforma proposta dal governo tecnico di Mario Monti. In nome di questa convinzione è passata una riforma delle pensioni particolarmente incisiva, che in un colpo solo ha recuperato gli infiniti ritardi accumulati nel passato.
Ed in nome della stessa convinzione, cioè della necessità di fronteggiare la crisi, con ogni probabilità passerà anche la riforma del lavoro indicata con tanta determinazione dal ministro Fornero. Sembra ieri che per alcune forze politiche e sociali del paese la riforma delle pensioni e quella del lavoro rappresentassero ognuna la "madre di tutte le battaglie".
Ma il tempo della resistenza ad oltranza fatta attraverso le grandi mobilitazioni delle masse lavoratrici sembra ormai dimenticato. Ora domina il senso di responsabilità. Che spinge a riporre in soffitta l'elmetto ed il fucile ed a mettere mano alla pala, alla calce ed ai mattoni per costruire la barriera con cui contenere gli effetti perversi della crisi. 

Ciò che appariva assolutamente incredibile solo qualche anno fa si sta oggi verificando in un clima che non provoca tensione neppure quando si tratta di affrontare questioni che fino a ieri causavano l'esplosione della santabarbara nazionale dell'indignazione popolare. L'esempio del nodo della giustizia è fin troppo indicativo.
Una volta c'erano i girotondi, i popoli viola, le mobilitazioni dei professionisti dell'antiberlusconismo, la sollevazione del mondo dello spettacolo, dell'informazione, della scienza e via di seguito al solo annuncio di una qualche misura tesa a realizzare una qualsiasi modifica all'interno del sistema giustizia del paese.
Oggi i partiti della maggioranza concordano con il Presidente del Consiglio di mettere mano al tema della riforma della giustizia arrivando addirittura ad aderire alla richiesta dell'Europa di cancellare il reato di concussione (quello di cui è accusato Silvio Berlusconi per il caso Ruby), e l'unico a protestare è Antonio Di Pietro.
Il fenomeno è più che positivo. Perché indica che il paese, su sollecitazione del governo tecnico voluto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è messo in movimento per uscire dalla crisi in cui rischiava di sprofondare. Ma solleva un interrogativo che non può rimanere senza risposta.
L'emergenza che oggi impone e giustifica le lacrime ed il sangue" si sarebbe mai verificata nelle dimensioni attuale se le riforme che oggi appaiono obbligatorie fossero state effettuate quando vennero proposte nel ventennio passato? La domanda non è oziosa e non è neppure recriminatoria.
Ma serve ad impostare il presente ed futuro più correttamente. Perché non può essere senza conseguenze rilevare che se il governo di sinistra di Romano Prodi non si fosse affrettato a smantellare la riforma pensionistica di Roberto Maroni (che poi era il completamento della riforma Dini di dieci anni prima), le misure della Fornero sarebbero apparse meno traumatiche.
Perché non può non far riflettere la circostanza che se non ci fossero state mobilitazioni su mobilitazioni contro la linea riformista del mercato del lavoro, non solo non sarebbe stato assassinato Marco Biagi, ma la riforma di oggi avrebbe assicurato conseguenze positive con parecchi anni d'anticipo.
E non può passare inosservato che se alla riforma della giustizia si fosse giunti nell'epoca antica in cui una minoranza illuminata ed una maggioranza recalcitrante la proposero alla metà degli anni '90 , oggi sarebbe più facile rispondere alle richieste che su questo terreno vengono poste dagli organismi dell'Unione Europea.

 

C'è, in sostanza, una responsabilità inconfutabile della sinistra italiana nei tragici ritardi con cui viene oggi affrontato il problema delle riforme nel nostro paese. E c'è la chiara considerazione che l'azione riformista del governo tecnico di Mario Monti non rappresenta una censura nei confronti delle istanze di cambiamento in senso liberale e riformista sollevate nel passato ma ne costituisce la logica e necessaria continuità.
Con questo non si vuol dire che il governo Monti sia la prosecuzione del governo Berlusconi sotto altre forme e sotto la copertura del Quirinale. Ma solo mettere in chiaro che non esiste alternativa alla linea del riformismo liberale. Renano o anglosassone che sia.

 

 

Aggiornato il 30 novembre 2023 alle ore 19:01