 
     Il presidente dell’Argentina Javier Milei, salito al potere da un paio di anni, ha salvato il Paese dalla disperazione del socialismo avviando riforme radicali per annullare decenni di politiche fiscali basate su programmi governativi gonfiati che costavano alla nazione milioni di dollari al giorno. Le immagini di Milei con una motosega sono diventate virali mentre giurava di iniziare rapidamente a eliminare gli sprechi pubblici e a ridurre il settore pubblico in continua crescita. Tuttavia a causa dell’annosa iperinflazione, la valuta argentina, il peso, aveva perso gran parte del suo valore. È stato quindi osservato che il pacchetto d’emergenza e di austerità imposto da Milei nel tentativo di riequilibrare il bilancio dello Stato avrebbe inizialmente danneggiato il Paese prima che l’economia potesse iniziare a riprendersi e la situazione è infatti peggiorata prima di migliorare. Il problema è che l’Argentina ha debiti enormi con il Fondo monetario internazionale e altri creditori, fra cui la Cina, con la quale aveva concordato uno una linea di swap valutario che sta utilizzando proprio anche per ripagare il debito del Fmi.
Così, durante il percorso di questa ristrutturazione, il Paese è sprofondato sempre più nel debito esaurendo i dollari necessari per effettuare transazioni commerciali di ogni tipo con il resto del mondo. Gli argentini volevano automobili, computer ed energia ma i fornitori del resto del mondo non accettavano i pesos. Quindi l’Argentina doveva trovare qualcuno che prestasse loro dollari in cambio di pesos. Ed ecco la buona novella. Il 20 ottobre scorso il Dipartimento del Tesoro statunitense ha esteso una linea di swap da 20 miliardi di dollari all’Argentina seguita qualche giorno dopo da un finanziamento di altri 20 miliardi da parte di fondi sovrani e banche private. Scott Bessent, il segretario del Tesoro, ha dichiarato di aver acquistato direttamente, pesos sul mercato, per mantenere la forza del peso in modo che l’Argentina non sprecasse le proprie riserve di dollari.
Ora, quello che trovo davvero interessante e che non mi sembra nessuno abbia rilevato, è che non si è trattato di una linea di swap della banca centrale, la Federal Reserve, come di solito avviene in casi come questi, ma di quella addirittura del Tesoro statunitense che la ha mandato ad effetto tramite Esf, il suo fondo stabilizzazione cambi, che opera in gran parte al di fuori della supervisione del Congresso americano. E allora la grande domanda è: si è trattato del salvataggio dell’Argentina o della sua “acquisizione”? Non credo che Scott Bessent abbia impiegato 20 miliardi di dollari. Perché pensa che comprare pesos argentini sia una grande idea finanziaria ma perché attraverso il Tesoro gli Usa possono controllare meglio la situazione. E la situazione riguarda il ruolo strategico degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale. Di fatto, l’Argentina è la terza economia dell’America Latina e oltre a essere una potenza agricola che esporta tonnellate di cereali e carne ha anche enormi quantità di minerali, soprattutto litio, estremamente importante per le batterie. Si tratti di energia mineraria, eolica, solare o idrica l’Argentina è un Paese fantastico per le risorse naturali. Trovandosi poi al fondo dell’emisfero occidentale, qualsiasi nave che costeggia il fondale del Sud America deve attraversare le acque argentine fornendo accesso non solo all’Antartide, all’Oceano Pacifico e all’Oceano Atlantico attraverso le rotte antartiche.
È con questa prospettiva strategica che, in sostanza, gli Stati Uniti hanno creato questa linea di swap, in cui l’Argentina impegna pesos (che ora non valgono nulla) in cambio di dollari statunitensi che a un certo punto, però, dovrà restituire. Ma secondo me questi dollari probabilmente non verranno mai restituiti. Grazie al pieno potere del Tesoro statunitense l’operazione è stata fatta per fornire stabilità alla valuta argentina per mantenere i capitali in Argentina e, potenzialmente, per attrarne sempre di più allo scopo di sfruttare i suoi asset agricoli minerari, energetici che valgono diverse centinaia di miliardi dollari. Quindi, se il fine dell’intera operazione fosse un’acquisizione piuttosto che un salvataggio, gli Usa avrebbero accesso a tutte queste risorse. In secondo luogo, e non meno importante, l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’emisfero occidentale attraverso l’alleanza strategica con l’Argentina serve a neutralizzare la capacità della Cina di espandersi non solo in Argentina, dove stava già cercando di costruire una grande installazione militare, ma in tutto il Sud America. Gli Usa vogliono che l’influenza della Cina non solo esca dall’Argentina, ma la vogliono fuori dall’emisfero occidentale. E l’Argentina è un buon punto di partenza. Conclusione: in virtù del nuovo accordo con gli Stati Uniti qualsiasi attività commerciale svolta in Argentina ha ora la potenzialità di essere in prima linea per partecipare a qualsiasi nuova attività commerciale statunitense. Javier Milei non ha più bisogno di “dollarizzare” l’Argentina: le forze del mercato lo faranno per lui.
Aggiornato il 31 ottobre 2025 alle ore 12:06

 
		 