
In un contesto internazionale caratterizzato dalle incertezze provocate dalle guerre, dalla erezione di barriere doganali al commercio internazionale e dalla crisi conclamata delle grandi istituzioni internazionali, nate dopo la Seconda guerra mondiale, i risultati conseguiti dall’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni sono più che apprezzabili.
Riduzione del debito pubblico rispetto al Pil; probabile rientro, con un anno di anticipo, nel rapporto Deficit/Pil (3 per cento) del parametro fissato con il trattato di Maastricht; tassi di occupazione al record storico; inflazione sotto controllo (il dato anticipato dall’Istat per settembre 2025 è del 1,6 per cento); una crescita del reddito nazionale lordo in linea con le previsioni del Governo (0,6/0,7 per cento) e uno spread che si è ridotto ad un terzo rispetto all’inizio della legislatura, sono indicatori di una ritrovata forza del sistema Paese.
Le imprese, per poter programmare le loro attività, necessitano di norme chiare e di tempi certi. Per dare un nuovo impulso alla crescita del Paese, oltre ad una improcrastinabile riduzione del carico fiscale con contestuale riduzione della spesa pubblica cattiva, occorre procedere senza ulteriore indugio a delegificare piuttosto che muoversi con le pseudo semplificazioni! I tempi dell’economia sono diversi da quelli della politica. Una Nazione che si è dotata di ridondanti leggi che impongono a qualsiasi settore economico controlli asfissianti antecedenti, concomitanti e susseguenti è destinata al progressivo inesorabile declino. La colpa non è solo endogena dell’Italia ma è anche causata dalla eccessiva regolamentazione che impone l’Unione europea ai Paesi membri.
Il declino dell’Europa è l’effetto di normative così stringenti per le imprese europee che hanno causato il gap tecnologico nei confronti degli Usa e della Cina. La libertà d’impresa che dovrebbe essere un totem delle economie di mercato è, nelle condizioni date in Italia, una espressione priva di significato. Gli adempimenti propedeutici ai quali è soggetto chi vuole intraprendere un’attività economica e professionale sono aberranti. Non è un caso che continuano a chiudere i battenti tanti artigiani e commercianti e si stanno riducendo in maniera preoccupanti le iscrizioni agli ordini professionali.
Il paradosso dell’uso di strumenti digitali, che a parole avrebbero dovuto semplificare la vita alle imprese e ai cittadini, hanno di fatto moltiplicato le già ridondanti richieste burocratiche per le imprese e per i cittadini. Il tutto non è stato nell’interesse di chi produce ricchezza e paga le imposte, ma per facilitare ex ante ed ex post i controlli della Pubblica amministrazione in senso lato. Lo scopo vero della digitalizzazione è stato quello di renderci sudditi e non cittadini. Sudditi delle multinazionali del hi-tech, siamo costretti a comprare i supporti digitali indispensabili per poter “dialogare” con la Pubblica amministrazione. Schiavi di un’amministrazione che ti costringe a fornire tutti i tuoi dati personali. Il tutto per facilitare il “lavoro” dell’operatore invisibile che si cela dietro la trasmissione di atti per via telematica. È la versione più aberrante del grande fratello. Come tutti gli algoritmi o procedure informatiche possono avere un baco. Se il suddito incappa in un problema informatico, non previsto da chi ha elaborato il software, diventa un problema insormontabile. Poter interloquire con un funzionario pubblico è diventato un problema che si è acuito dopo il Covid 19.
Non contenti della massa di informazioni in possesso della Pubblica amministrazione, nonostante la legge preveda che l’amministrazione non possa richiedere documenti che sono già in suo possesso, i burocrati ti costringono a produrli lo stesso altrimenti la pratica resta ferma. Ovviamente, reperire la documentazione già in loro possesso li costringerebbe a lavorare. Addebitiamo alla Cina, che è una feroce dittatura, il controllo di ogni aspetto della vita dei cinesi mentre non ci rendiamo conto che la nostra società che a parole è democratica fa di peggio violando uno dei principi cardine dei regimi liberali: la privacy. Liberare, attraverso la delegificazione, le imprese e le persone dalla ossessione del controllo della società (al diritto alla privacy non ci crede più nessuno) da parte dello Stato ripristinerebbe un basilare principio di libertà.
Aggiornato il 01 ottobre 2025 alle ore 15:00