
Mario Draghi, nel Governo “tecnico” da lui presieduto non ha certamente lasciato un segno indelebile del suo operato. Forse, il supertecnico era più interessato a prepararsi il terreno per l’elezione (non andata a buon fine) alla Presidenza della Repubblica anziché che incidere sugli squilibri finanziari ereditati dai Governi Conte 1 e 2. Da presidente della Banca centrale europea, invece, con il famoso Whatever it takes, (tutto il necessario) pronunciato il 26 luglio 2012 al Global Investiment Conference di Londra, gli va riconosciuto il merito di essere stato lo stratega del salvataggio del euro. L’autorevolezza, universalmente riconosciuta nei mercati finanziari dell’ex banchiere centrale, che con la semplice dichiarazione, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvaguardare l’euro, pose fine alla feroce speculazione finanziaria sui titoli di Stato dei paesi cosiddetti Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Lo strumento utilizzato dal ex presidente del consiglio, è stata l’attuazione del programma Omt (Outright Monetary Transaction) ovvero l’acquisto da parte della Bce dei titoli sovrani emessi dai Paesi aggrediti dalla speculazione internazionale, che fu innescata, nel 2008, dalla crisi dei mutui sub prime negli Stati Uniti.
I Paesi che erano, con disprezzo, definiti con l’acronimo Piigs sono diventati tra i più virtuosi sulle politiche di bilancio pubblico. Oggi, la nazione che può essere oggetto di aggressione da parte dei mercati finanziari è la Francia, che è considerata la malata d’Europa anche a causa della grave crisi politica. Anche se i cugini di oltralpe non sono sempre stati teneri con l’Italia è bene non gioire delle difficoltà degli altri paesi europei. I fondamentali dell’economia italiana (rapporto deficit-Pil, tassi di disoccupazione, spese per interessi in diminuzione in rapporto alla Francia e alla stessa Germania, calo dello spread) sono oggettivamente migliori di quelli della Francia. Ciò nonostante, l’aumento dei tassi d’interesse che si è registrato nei mercati finanziari negli ultimi giorni, in Francia, nel Regno Unito e nella stessa Germania, hanno comportato un aumento di circa 10 punti base sui tassi d’interesse sui nostri Btp con scadenza decennale.
Segnale, che il governo italiano deve seguitare ad attuare politiche prudenti di bilancio. Per far fronte al rischio concreto di una nuova crisi del debito pubblico francese, la Bce dovrebbe mettere in campo un nuovo “quantitative easing” (acquisto di titoli sovrani europei) e un ulteriore riduzione dei tassi di riferimento. Il combinato disposto delle due azioni di politica monetaria sui mercati finanziari, ridurrebbero i tassi d’interesse sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato e contrasterebbe la svalutazione del dollaro rispetto all’euro. Sarebbe una boccata d’ossigeno per gli Stati, che hanno visto crescere in maniera significativa il loro debito pubblico, a causa degli interventi pubblici a sostegno delle famiglie e delle imprese per le chiusure causate dal Covid 19. Un euro meno forte contro il dollaro, attenuerebbe gli effetti negativi dei dazi doganali, che sommati alla svalutazione del dollaro degli ultimi otto mesi, danneggiano le esportazioni europee verso gli Stati Uniti. Forse, questa volta, la francese Christine Lagarde, si farà parte diligente per attuare un intervento di politica monetaria della Bce a sostegno della Francia che potrà avere effetti positivi sull’intera economia del Vecchio Continente.
Aggiornato il 05 settembre 2025 alle ore 10:09