
Settembre, come ogni anno dopo le ferie di agosto, è il mese in cui il Governo sarà impegnato a predisporre la Legge di bilancio relativa all’esercizio 2026. È la quarta legge finanziaria che sarà elaborata dall’Esecutivo di centrodestra della XIX legislatura. Legge di stabilità che dovrà essere sottoposta al vaglio del Parlamento (Camera dei deputati e Senato della Repubblica) entro il 31 dicembre 2025 per evitare l’esercizio provvisorio. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che è stato lo stratega di una politica attenta al risanamento delle finanze pubbliche, ha creato i presupposti per rendere possibile una Legge di stabilità in cui si potrà operare essenzialmente sul lato della spesa pubblica (Tax expenditures) e non sulle entrate. È molto probabile che il titolare del dicastero dell’Economia dovrà frenare gli appetiti dei partiti, per contrastare il consueto “assalto alla diligenza” attraverso emendamenti che comportano sempre maggiori spese da parte dello Stato. Ulteriori sacrifici fiscali, per il tartassato contribuente italiano, non sarebbero politicamente sostenibili per un Governo di centrodestra che nel programma di Governo aveva tra gli obiettivi la riduzione del carico fiscale sui cittadini e le imprese.
Se nelle precedenti Leggi di stabilità (2023, 2024 e 2025), il ministro dell’Economia e delle Finanze, ha dovuto porre rimedio alle politiche dissennate di bilancio dei Governi Conte 1 e Conte 2 e dello stesso Governo Draghi, tutte incentrate sull’elargizione di provvidenze pubbliche (super bonus e reddito di cittadinanza), che hanno fatto lievitare la spesa pubblica e il debito; in quella per il 2026 l’Esecutivo non può più avere alibi, deve ottemperare alla promessa elettorale fatta agli elettori. I risultati conseguiti in economia, finanza pubblica e politica estera sono stati molto positivi se si considera il difficile contesto economico globale causato dalle guerre in Ucraina, in medio oriente e la politica dei dazi alle importazioni praticate da Donald Trump. Ciò nonostante, la crescita del Pil italiano, se pur modesta, è stata tra le migliori dei principali Paesi europei come Germania e Francia. La finanza pubblica, grazie alla tenacia del ministro Giorgetti è migliorata significativamente.
Il debito pubblico in rapporto al Pil è diminuito; lo spread si è praticamente più che dimezzato; è migliorato il voto assegnato dalle principali agenzie di rating internazionali al nostro debito sovrano e in conseguenza si sta riducendo la spesa per interessi dello Stato; è ritornata la fiducia nei mercati dei capitali sui nostri titoli di Stato. È molto probabile il rientro, entro i parametri fissati a Maastricht con un anno di anticipo ovvero il 2026 rispetto al programmato 2027. I dati sulla disoccupazioni al 6 per cento sono i migliori dal 2007. In politica estera è cresciuto il ruolo e l’influenza dell’Italia nel contesto internazionale. E la nostra premier partecipa a tutti i tavoli rilevanti del contesto geo politico del mondo. È ormai certo che giungerà a termine la riforma costituzionale della giustizia. Si sta procedendo alla riforma del sistema fiscale italiano che è tra i più complicati del mondo occidentale. Difficilmente vedrà la luce la riforma della governance entro la legislatura. È stato un errore per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, nel tentativo di cercare una riforma condivisa con le opposizioni, ha optato per l’elezione diretta del premier piuttosto che l’elezione diretta del capo dello Stato così come era previsto nel programma di Governo della coalizione di centrodestra. Sulla riduzione del carico fiscale sulle imprese e le famiglie, gli alleati di governo, si giocano la loro credibilità con l’elettorato passivo.
Ridurre in maniera concreta e percettibile le imposte su tutti i contribuenti italiani è un imperativo indifferibile. Ovviamente, l’alleggerimento del peso delle imposte deve essere pianificato razionalizzando la giungla di provvidenze pubbliche (bonus, contributi a fondo perduto e agevolazioni fiscali) dei quali ne beneficiano alcune categorie a spese di tutti i contribuenti. È il percorso che permetterebbe all’Esecutivo di mantenere inalterata la politica di risanamento delle finanze pubbliche e nel contempo ridurre le imposte sul reddito prodotto dalle imprese e dalle famiglie. La riduzione del prelievo fiscale aumenterebbe la propensione al consumo per le famiglie e per gli investimenti delle imprese con effetti positivi sulla crescita del reddito nazionale. Più alto è il reddito disponibile dei contribuenti maggiori saranno i consumi e gli investimenti. Un ulteriore elemento positivo, che può concorrere a reperire nuove risorse finanziarie per l’Erario, è la cosiddetta rottamazione quinquies ovvero la possibilità data ai contribuenti di poter onorare il pagamento delle imposte, al netto delle irragionevoli e sproporzionate sanzioni, in 120 rate. Consentire, a chi ha debiti con il fisco, la possibilità di pagare quanto dovuto all’Erario è a tutto vantaggio dello Stato in quanto l’alternativa, in molti casi, è la chiusura dell’attività e la relativa perdita del gettito fiscale!
Aggiornato il 02 settembre 2025 alle ore 11:15