Nuovo Ferragosto all’italiana: pignoramenti e conti bloccati

Gli addetti ai lavori parlano sommessamente di “paralisi di Ferragosto”, una sorta di apnea che potrebbe toccare più di dieci milioni di famiglie italiane. Evitiamo fraintendimenti, l’apnea in questione non c’entra nulla col mare e le vacanze, è una sorta di tsunami pronto a bloccare qualche milione di conti correnti bancari e relative carte di credito, di debito e bancomat.

Federcontribuenti ha analizzato il campione del territorio di Asti in base allo studio del ministero dell’Economia, ed è emerso che l’80 per cento degli astigiani (campione tra i 18 anni e i 75 anni su 120mila residenti circa) ha problemi con il pagamento di tasse, multe e contributi. Situazione analoga è stata fotografata ad Alghero da Michele Pais (consigliere comunale della Lega) che aveva previsto la manovra a tenaglia di Enti locali ed Agenzia delle Entrate con notifiche di pignoramenti a ridosso di Ferragosto.

Una sorta di tempesta perfetta, che permette a banche ed agenzie fiscali di incatenare da fine luglio ai primi di settembre circa la metà degli italiani che lavorano: bloccandoli economicamente, in modo che non possano spendere soldi e nemmeno incamerarne, bloccando loro sia pagamenti che incassi. La sorta di tempesta perfetta, già auspicata contro l’Italia da molti poteri internazionali nel 2011 e poi sotto pandemia nel 2019: secondo certi malevoli, sempre funzionale alla pesca a strascico dei patrimoni dei malcapitati. Ovvero utilizzare i periodi di grandi scadenze fiscali (tra fine Imu e saldi di Irpef e Ires) per avviare una grande tempesta di pignoramenti contro migliaia di famiglie italiane: colpendo i conti correnti, bloccandone i patrimoni immobiliari, i laboratori, le aziende. Oggi centrale per questa operazione, graditissima a poteri bancari ed immobiliari internazionali, è l’Agenzia delle Entrate: un ente pubblico non economico che dispone di autonomia contabile e amministrativa; una sorta di soggetto privato che agisce in regime di convenzione col Ministero dell’Economia e Finanze, col compito di reperire risorse finanziarie per il funzionamento e tutti gli impegni presi dallo Stato italiano.

“Quella a cui stiamo assistendo − denuncia Giuseppe Tosoni (presidente dell’associazione Tutela Imprese, con sede a Civitanova Marche e operativa a livello nazionale) − è una vera e propria emergenza sociale ed economica. Famiglie e piccoli imprenditori si vedono bloccare i conti proprio nei momenti più critici, spesso a fronte di debiti contestati o già oggetto di rateizzazione, in violazione delle stesse norme di legge”. Obiettivo dello Stato è incassare ulteriori tre miliardi di euro entro settembre, ovvero più di 25 mila euro in media da ogni italiano.

Il leghista Michele Pais parla di una sorta di strategia, tesa a “colpire famiglie, anziani e persone in difficoltà economica proprio alla vigilia di Ferragosto, quando le attività bancarie sono ridotte e i tempi di reazione quasi nulli”. L’Agenzia delle Entrate è di fatto un soggetto tra il pubblico e il privato. Soprattutto le agenzie delle entrate sono tra loro interconnesse a livello europeo, vanno a braccetto con quella leva operativa che è il sistema bancario europeo: ergo è normale bloccare bancariamente e lavorativamente l’artigiano italiano con debiti a Roma che decide di fuggire a fare il barista in Spagna. Di fatto non c’è alcuna via di fuga.

Come già sottolineato dalla Cgia di Mestre, si tratta di cartelle esattoriali dall’importo variabile dalle poche centinaia di euro a milioni di euro. È una massa debitoria che col tempo, le more, le spese di notifica e quelle legali si moltiplica tante volte, fino a trasformarsi in un rapporto usuraio tra cittadino e creditore istituzionale.

Nella spirale della “povertà irreversibile” per motivi fiscali, bancari e giudiziari ci sono già finiti più di 10 milioni di cittadini. Ora tocca a chi ha resistito fino al 2025, ed oggi con questa nuova sventagliata d’iniziative dell’Agenzia delle Entrate si ritrova con pignoramenti e fermi amministrativi sui beni aziendali: il risultato è che finiscono i soldi a disposizione di artigiani, commercianti e lavoratori saltuari, e s’ingrossa nuovamente il numero di coloro che non potranno più sortire dalla povertà.

Una persecuzione fiscale che non lascia vie di scampo né ai vivi né ai morti. Perché con la morte del debitore, la cartella deve essere notificata agli eredi: ecco che la comunicazione “impersonale e collettiva” viene trasmessa mediante lettera raccomandata agli eredi, con avviso di ricevimento convalidato dal messo comunale presso l’ultimo domicilio del defunto; così una sorta d’accettazione dell’eredità va a colpire chi risulta intestatario o diretto responsabile di loculi, cappelle, fornetti o pagamenti vari di oneri cimiteriali. Il sistema del ministero dell’Economia e Finanze si chiama Send, ed oggi sta diventando lo strumento che tutti i Comuni d’Italia adottano per tracciare un credito oltre la vita del debitore, permettendo di notificare a qualsivoglia erede debiti anche prescritti. È la cosiddetta “attività di riscossione coattiva”, oggi eseguita attraverso un percorso di implementazione con strumenti informatici e formazione di personale specializzato legalmente nelle notifiche: tutti aspetti che rientrano nel contratto di servizio stipulato dai Comuni con l’ente o con la società deputata alla riscossione. “È così che molti si ritrovano con il conto bloccato, compresa la pensione o i pochi risparmi alimentari − spiega il leghista Michele Pais −. Non stiamo parlando di evasori, ma di persone che vivono situazioni di disagio economico”.

Grazie a disposizioni europee, e nuovi sistemi e obblighi informatici, le amministrazioni alzano le mani e scaricano la colpa sul “sistema”: così l’ente pubblico si trasforma nel nemico inflessibile dei cittadini che dovrebbe servire.

È ancora una volta Giuseppe Tosoni di “Tutela Imprese” ad elencare i troppi casi di atti che vengono notificati nonostante il contribuente abbia già avviato una rateizzazione e pagato la prima rata: circostanza che per legge dovrebbe sospendere ogni azione esecutiva. Ma col trucco del messo comunale che notifica al morto, o cartelle esattoriali notificate a cittadini anziani per atti precedenti il 1991, tornano a rivivere crediti prescritti da decenni. Crediti che vengono iscritti a ruolo come non fossero mai caduti in prescrizione: sta al cittadino incaricare commercialisti ed avvocati tributaristi in modo da scongiurare che un credito prescritto possa trasformarsi in pignoramento certo. Nello stesso solco viaggiano sia gli atti duplicati per lo stesso debito che la notifica di cartelle per multe o atti già pagati dal cittadino. Celebre è la risposta “lei ha pagato ma il sistema non ha accettato la modalità di pagamento”. ”E sono atti che, se non impugnati − spiega Giuseppe Tosoni − possono ‘cristallizzare’ l’obbligo fiscale, rendendolo definitivo anche in presenza di più notifiche per la stessa causa. Ciò costringe i contribuenti a difendersi continuamente anche contro atti fotocopia”.

E proprio nelle Marche, già martoriate dalla crisi dell’artigianato e dal terremoto, sono partiti i dubbi sulla “validità formale” di tantissimi pignoramenti, soprattutto quelli firmati digitalmente in automatico dal sistema informatico: fanno parte di questa casistica le tante cartelle notificate ai morti, che non prevedono una verifica da parte del dirigente e che portano la società di riscossione a rispondere con muri di gomma e rimpalli di competenza. “Migliaia di atti che partono in tutta Italia privi di una vera firma e di un controllo umano” sottolinea Tosoni.

Ma la botta estiva, quella di agosto, riguarda i conti bloccati a qualche milione d’italiani (si mormora quattro milioni, ma vige la privacy dell’Agenzia delle Entrate) a cui viene così impedito d’effettuare i pagamenti degli F24 (come da obblighi di legge): si tratta di gente che non potrà mettersi in regola, e la cui situazione s’aggraverà fino all’irrisolvibile, al fallimento delle loro piccole imprese. Le banche stanno anche consigliando i familiari di non aiutare con bonifici i parenti in difficoltà, perché per la banca e l’Agenzia delle Entrate l’operazione verrebbe considerata un “incasso in nero”, sintomo d’evasione fiscale, con conseguente accertamento.

Ai casi di Asti, di Alghero e delle Marche, s’è aggiunto in queste ore anche quello di Bari. Nel capoluogo pugliese è scoppiato dopo che Comune e Regione hanno chiesto i risarcimenti ai 104 imputati del processo per voto di scambio con i clan: l’Agenzia delle Entrate, con l’occasione di chiedere indietro vitalizi e gettoni agli ex consiglieri Olivieri e Carmen Lorusso, ha pure rimesso in moto le notifiche a tutta la cittadinanza, con il risultato che dovrebbero bloccarsi migliaia di conti corrente in tutta la provincia di Bari.

“La ‘pace fiscale’ − ricorda il deputato astigiano Andrea Giaccone − è un provvedimento che mira a correggere le criticità, la possibilità di rateizzare per un periodo più lungo, e con rate fisse e certe, rappresenta una misura di buonsenso”. Ma perché la rottamazione non ha funzionato? “Le persone che avevano provato a pagare non ce l’hanno fatta − ha spiegato due mesi fa Vincenzo Tagliareni (vicepresidente di Federcontribuenti) −. Chi aveva un debito da 100 mila euro ne doveva pagare solo 60 mila ma la rata era da 6 mila euro: impensabile per i tanti pensionati o commercianti che hanno pendenze con il fisco”.

Analizzando il meccanismo, emerge che per la metà si tratta di atti prescritti, sanzioni datate ma triplicate dopo decenni per aggiunta di more, interessi e spese legali varie: e sono questi ultimi gli atti più pericolosi, che permettono alle banche di bloccare i conti ed agli enti di pignorare ogni bene registrato del cittadino. La notizia di probabili affari in Italia dopo la parentesi estiva ha già raggiunto società d’affari ed immobiliari olandesi ed inglesi: probabilmente l’Italia del 2026 assomiglierà sempre più alla Grecia, meno artigianato e più turismo, meno imprese tricolori e tanti camerieri con chitarra e mandolino.

Aggiornato il 07 agosto 2025 alle ore 12:08