Libertà e proprietà sul grande schermo
a cura di Sandro Scoppa
2/2025 - Il Grande Gatsby: il frutto amaro del proibizionismo
Il grande Gatsby non è solo una storia di amori perduti e feste scintillanti. È un manifesto silenzioso ma potente sulle illusioni generate dall’interventismo pubblico e sui disastri causati dalla pianificazione centralizzata.
Jay Gatsby, il protagonista, diventa ricco durante il proibizionismo: una misura moralista e paternalista che, tra il 1920 e il 1933, proibì produzione e vendita di alcol negli Stati Uniti. Ma anziché ridurre i consumi, quella legge li spinse nell’ombra. Nacque un mercato nero sterminato, sorsero locali clandestini, si arricchirono contrabbandieri e mafiosi. Il crimine organizzato prese il posto del mercato legale. Il tentativo dello Stato di moralizzare finì per alimentare illegalità, violenza e corruzione.
Gatsby è il frutto di questa distorsione: non un imprenditore, ma un prodotto dell’arbitrio. Non crea ricchezza rispondendo ai bisogni dei consumatori, ma sfrutta una falla normativa, come molti in un contesto in cui sono state smantellate le regole spontanee del mercato. Lo stesso accade ogni volta che un potere centrale sopprime la libertà individuale in nome di un presunto bene collettivo. E ogni volta, inevitabilmente, ottiene l’effetto opposto.
Il proibizionismo fu un esperimento fallito di “Stato etico”, sostenuto da élite intellettuali e movimenti moralisti. Ma quando si impone il comportamento virtuoso dall’alto, si disgregano le basi della convivenza libera. L’individuo, privato della possibilità di scegliere, cerca alternative: e il mercato – clandestino o meno – si adatta sempre. La domanda non scompare per decreto: cambia solo canale, spesso in peggio.
A rendere più acuto il paradosso è la politica monetaria dell’epoca. Negli anni Venti, la Federal Reserve ha gonfiato artificialmente il credito, alimentando bolle speculative e illusioni di ricchezza. L’età del jazz, delle ville eccessive, dei consumi sfrenati descritta da Fitzgerald è l’eco di una crescita drogata. L’interventismo non si limita a vietare l’alcol: crea euforia a buon mercato, senza basi solide. La crisi del 1929 fu il brusco risveglio da quell’inganno.
Come ha spiegato Murray N. Rothbard, la Grande Depressione non fu colpa del libero mercato, ma l’esito di una lunga serie di errori pubblici. Il crollo del sogno americano – quello autentico, fondato su libertà e responsabilità – fu il risultato dell’illusione alimentata da chi aveva preteso di guidare tutto dall’alto.
Il grande Gatsby mette in scena tutto questo: un mondo dove chi devia le regole viene premiato e chi le rispetta resta indietro. La ricchezza di Gatsby nasce da un privilegio generato da una legge distorta. È un’illusione, e come tutte le illusioni dirigiste, è destinata a sparire.
Aggiornato il 07 agosto 2025 alle ore 12:49