Accordo sui dazi, ma attenzione al Made in Italy

All’indomani dell’accordo raggiunto da Unione europea e Stati Uniti, quello dei dazi rimane un fronte da tenere sotto stretta osservazione, che rischia di avere ricadute tangibili sulla crescita e sull’export italiano, soprattutto in settori chiave del Made in Italy agroalimentare. A lanciare un messaggio rassicurante è il viceministro dellEconomia Maurizio Leo, che in un colloquio con La Stampa interviene sia sul quadro macroeconomico sia sull’impatto delle nuove tariffe. “Faremo in modo di sostenere le imprese e il mondo produttivo”, afferma Leo, ribadendo la volontà dell’Esecutivo di affiancare il sistema industriale nazionale in una fase di potenziale contrazione. Il viceministro si sofferma poi sulla possibilità di un’uscita anticipata dalla procedura per deficit eccessivo avviata da Bruxelles, prospettiva che appare ora meno lontana. “È un dato da verificare, certamente i 13,8 miliardi di maggiori entrate sono un risultato incoraggiante, significa che stiamo lavorando bene. Noi dobbiamo uscire dalla procedura di infrazione, se non sarà già quest’anno sarà l’anno prossimo, ci siamo immessi su un percorso virtuoso”, sottolinea Leo, indicando come obiettivo realistico un rientro sotto la soglia del 3 per cento già nel 2025, con un anno di anticipo rispetto alle previsioni iniziali.

Nel corso dell’intervista il viceministro affronta anche il tema della sanatoria delle cartelle esattoriali, aprendo a un’ipotesi mirata e selettiva: “Si può fare una selezione delle cartelle da rottamare rivolgendoci alle persone effettivamente in difficoltà, perché molto spesso ci sono dei casi in cui si presenta l’istanza per la rottamazione e poi il debito non viene pagato, quindi c’è un uso pretestuoso. Se invece ci concentriamo su chi veramente non ce la fa e andiamo a individuare le annualità che si possono recuperare, allora è un tema che possiamo affrontare. Perché il ceto medio è la nostra priorità, ma anche una rottamazione intelligente si può fare”.

Ma se il governo apre a uno scudo selettivo sul fronte interno, l’export guarda con preoccupazione agli scenari internazionali. A lanciare l’allarme è Giacomo Ponti, presidente di Federvini, che ha commentato l’accordo commerciale Usa-Ue sulle nuove aliquote al 15 per cento. “Quanto meno c’è chiarezza. Il 15 per cento è un’aliquota abbastanza alta, sarebbe stato meglio accordarsi su numeri inferiori. Auspichiamo che ci siano categorie esentate e che siano quelle che riguardano i nostri prodotti, perché alcuni, come i vini Docg, Doc, Igt oppure l’aceto balsamico di Modena Igp, non si possono produrre negli Stati Uniti. Serve anche capire come saranno modulati”, ha dichiarato Ponti in un’intervista rilasciata al Messaggero. Un punto tecnico cruciale riguarda i dazi preesistenti, in particolare su alcune tipologie di condimenti. “Sui condimenti a base di aceto, ad esempio, c’è già un dazio del 7 per cento – ricorda Ponti – Occorre capire se l’aliquota al 15 per cento ricomprende già questo dazio oppure se le due tariffe andranno sommate. Nel primo caso si tratterebbe di un aggravio dell’8 per cento, nel secondo si arriverebbe al 22 per cento. Si tratta di punti da approfondire, che da domani diventeranno lavoro per i ministeri competenti e per le diplomazie”.

Quanto agli effetti concreti delle nuove tariffe, il presidente di Federvini distingue tra le fasce di mercato: “In linea generale, il prodotto mainstream soffrirà di più rispetto al prodotto di lusso. Tutto si gioca sulla sostituibilità, sulle alternative, e sull’unicità del prodotto nella percezione del consumatore. Per quanto riguarda il mondo dell’aceto, se il 15 per cento dovesse tradursi in un aumento dei prezzi al pubblico, dovremo dare ancora più spazio alla lotta contro l’Italian sounding”, ha chiosato il presidente di Federvini.

Aggiornato il 28 luglio 2025 alle ore 13:52