
Viviamo tempi strani, tempi di “piani per la crescita” scritti da chi non ha mai venduto nemmeno una limonata, mentre chi è riuscito a far fallire pure un casinò pensa di saper allocare le risorse meglio del commercio internazionale. In un certo senso, tornare alle radici del pensiero economico con La società degli scambi, scritto da Cathleen Johnson, Robert Lusch e David Schmidtz e appena tradotto in italiano da Ibl Libri, è una dichiarazione di guerra pacifica contro il pensiero economico contemporaneo.
Il commercio non è l’antitesi della moralità: ne è un’espressione. È questa la tesi alla base di questa introduzione all’economia. In una società libera, dove le persone possono scambiare beni, servizi e idee in modo volontario, accade qualcosa di più di una mera transazione: si crea fiducia, si costruisce un ordine sociale basato sulla cooperazione e si apre la porta all’innovazione. Ogni scambio volontario, scrivono Johnson, Lusch e Schmidtz, è un atto morale perché presuppone rispetto reciproco: nessuno è obbligato, nessuno può imporre. E nel momento in cui ci si accorda liberamente, si riconosce implicitamente l’altro come pari, come interlocutore degno.
Le società commerciali non sono perfette - riconoscono gli autori - ma hanno una straordinaria capacità di adattamento e autocorrezione. Quando un’impresa fallisce, il sistema non crolla: si liberano risorse per altri usi, si innova, si migliora. È ciò che Schumpeter chiamava “distruzione creatrice”. E qui sta la vera forza morale del commercio: nell’umiltà strutturale di un sistema che non pretende di sapere tutto, ma si affida alla conoscenza diffusa e al processo di prova ed errore.
L’etica dello scambio non è quella del comando, ma del compromesso. Non si tratta di “scegliere tra mercato e morale”, come spesso ci viene detto, ma di riconoscere che solo in un contesto di libertà e responsabilità le virtù civiche possono davvero prosperare. È una lezione antica quanto moderna, che vale per il mercato globale come per la bottega sotto casa.
Ma questo libro è anche - e forse soprattutto - in guerra con chi pensa che l’economia sia una materia tecnica, arida e, diciamolo pure, noiosa. Per questo ci sentiamo di consigliarlo soprattutto a studenti e docenti di economia. La società degli scambi scardina l’idea che l’economia sia solo ottimizzazione, algoritmi e massimizzazione di funzioni-obiettivo. L’economia l’hanno inventata i filosofi: è la scienza delle scelte umane, delle alternative possibili, delle istituzioni che le rendono sostenibili. È un sapere incredibilmente umanistico, prima che scientifico, che ha a che fare con l’incertezza, i valori, i conflitti, la libertà. Se si parte subito con i formalismi neoclassici - benché utili per l’economista di mestiere - si rischia di perdere la cosa più importante: la logica dello scambio, la struttura degli incentivi, il perché dietro ogni forma di cooperazione.
Perciò, questo libro andrebbe letto prima di mettere mano a qualunque funzione di utilità, prima di aprire qualunque manuale tecnico. È un antidoto all’analfabetismo economico diffuso, ma anche all’illusione di chi pensa di aver capito tutto perché sa disegnare una curva di domanda.
(*) Traduttori del libro La società degli scambi. Un'introduzione all'etica e all'economia
(**) Tratto dall'Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 23 giugno 2025 alle ore 10:31