La guerra dei dazi di Trump potrebbe colpire anche i cappelli degli ebrei ultraortodossi americani

La scure dei nuovi dazi di Donald Trump che fanno tremare l’Europa rischia di abbattersi anche sui cappelli di feltro nero indossati dagli ebrei ultraortodossi. E a farne le spese sarebbe un’azienda spagnola che da oltre quarant’anni fornisce ogni anno decine di migliaia di cappelli a tesa media o a falda larga alle comunità ebraiche ultraortodosse americane. L’azienda, Fernández y Roche, ha sede in una zona industriale del comune sivigliano di Salteras, nel sud della Spagna, ed è il più grande produttore al mondo di copricapo per gli haredim, a corredo della camicia bianca, dei pantaloni e del lungo cappotto nero. Per un haredi il cappello è molto più di un semplice accessorio: è infatti simbolo di rispetto e timore di Dio. I primi passi nel mercato ebraico mossi dalla Fernández y Roche risalgono agli anni Ottanta, quando oltre alla produzione di cappelli di ogni tipo l’azienda lavorava anche il feltro, il tessuto di lana più antico al mondo che nasce passo dopo passo da un processo di lavorazione che richiede tempo ed esperienza.

Questo materiale antichissimo (le prime tracce risalgono al terzo millennio avanti Cristo) è probabilmente la prima stoffa prodotta dall’uomo ed è caratterizzato dall’impermeabilità all’acqua, oltre al fatto che la resistenza e la leggerezza che lo contraddistinguono lo rendono un materiale unico nel suo genere. Negli anni Ottanta, “il nostro principale cliente di feltro era un’azienda italiana che vendeva cappelli finiti a un commerciante ebreo di Brooklyn. Ma quell’azienda chiuse e, preoccupati di perdere il fornitore, gli italiani ci introdussero in questo segmento di mercato, sapendo che non producevamo solo il feltro, ma anche i cappelli”, spiega Abraham Mazuecos, ceo della Fernández y Roche. “Pertanto, quel commerciante di Brooklyn venne a Siviglia per incontrarci e così iniziò un rapporto che dura da 40 anni”. Il rapporto si consolidò a tal punto che la voce si sparse e l’azienda sivigliana iniziò a vendere i cappelli di feltro nero anche ad altre comunità ebraiche in Israele e in Europa. Ora questa partnership di lunga data è però a rischio. A causa dei nuovi dazi commerciali imposti dal Governo statunitense sui prodotti europei, Fernández y Roche è stata colpita da una tassa di importazione del 10 per cento, con la possibilità imminente di un ulteriore dazio del 50 per cento. Abraham Mazuecos ha espresso profonda preoccupazione.

“I nostri margini di profitto sono molto ridotti”, ha affermato, “e prevediamo un calo della domanda di conseguenza”. Attualmente l’azienda fornisce circa 30mila cappelli all’anno alle comunità ebraiche ortodosse di New York e del New Jersey, rappresentando circa la metà delle sue esportazioni in questo settore. L’altra metà è destinata alle comunità ebraiche ortodosse di Eretz Israel. Per molti, questo non rappresenta solo un’interruzione dell’attività, ma potrebbe presto trasformarsi in una sfida pratica. Il tipico cappello di feltro nero, spesso sostituito ogni pochi anni a causa dell’usura, può costare fino a 380 dollari. E sebbene negli Stati Uniti esistano produttori di cappelli, il ceo della Fernández y Roche ha sottolineato che molti di loro sono tendenzialmente orientati alla produzione di cappelli da cowboy e modelli simili, non dei raffinati modelli tradizionali indossati dai Bnei Torah, i Figli della Torah.

Pertanto “non esiste un sostituto locale che soddisfi le aspettative della nostra clientela”, ha spiegato Abraham Mazuecos. “Il cliente viene periodicamente in fabbrica per valutare attentamente la qualità del prodotto in ogni suo aspetto: dalla qualità della materia prima, alle cuciture, alle dimensioni della calotta. Sono molto esigenti, rilevano qualsiasi difetto, anche il più piccolo. Questo ci ha posizionato come produttore di fama mondiale in termini di qualità del prodotto e ad aumentare i nostri standard qualitativi, che sono molto elevati”. L’impatto drammatico della guerra dei dazi potrebbe farsi sentire non solo a livello individuale, ma anche nell’infrastruttura del mercato dell’abbigliamento nel suo complesso. Molti rivenditori locali, soprattutto quelli che servono le comunità ultraortodosse e dipendono dalle importazioni costanti di questi cappelli, stanno monitorando attentamente la situazione. Se i dazi doganali continuano ad aumentare e la fornitura viene interrotta, i negozi potrebbero essere costretti a cercare alternative di qualità inferiore o ad aumentare significativamente i prezzi. Con la scadenza del 9 luglio che incombe per i negoziati commerciali tra Stati Uniti e Unione europea, c’è ancora qualche speranza che si giunga a una soluzione. Ma se i negoziati fallissero, questo prezioso accessorio potrebbe diventare più difficile da reperire e più costoso da sostituire.

Aggiornato il 29 maggio 2025 alle ore 10:18