Dopo il dollaro, quale futuro per la moneta?

La moneta delle banche centrali tende a perdere capacità di acquisto, in alcune fasi a ritmi molto elevati. In fondo, la politica preferisce sempre finanziare le proprie spese facendo debito e inflazione; le banche centrali incontrano sempre una crisi finanziaria, una emergenza - pandemica o energetica -  che giustifica la rinuncia a perseguire l’obiettivo della stabilità dei prezzi, con buona pace della loro autonomia fissata in leggi, trattati, costituzioni.

Il sistema monetario globale è ancora basato sul dollaro: gli Usa rappresentano ¼ del PIL planetario, ma sono denominate in dollari quasi il 60% delle riserve ufficiali, il 64% del debito e il 54% del commercio.

Dopo il “Liberation day” del 2 aprile, quando Donald Trump ha lanciato una vera e propria guerra dei dazi, negli Stati Uniti sono cadute le azioni, le obbligazioni sovrane e il dollaro. Come ha osservato per primo Larry Summers, gli Usa hanno avuto il comportamento tipico dei paesi in via di sviluppo.

La cosa che più ha sorpreso è la caduta del dollaro. Di norma gli economisti si attendono che se un paese impone dei dazi la sua valuta si apprezzi (semplicemente, se gli americani comprano meno beni e servizi dall’estero, in giro per il mondo ci saranno meno dollari; a parità di altre condizioni, il dollaro si apprezzerà). E’ successo il contrario.

Tutto ciò pone il sistema finanziario globale in tensione. Alla ricerca di asset che consentano credibilmente di trasferire valore nel tempo. Ha ripreso un ruolo l’oro, troppo facilmente liquidato come un arcaismo tribale: negli ultimi tre anni le banche centrali ne hanno acquistato circa 3.000 tonnellate, il doppio rispetto ai tre anni precedenti.

L’euro può accrescere il proprio ruolo, se la Bce resisterà alle sirene dei governi che vogliono politiche monetarie sempre espansive per finanziare più facilmente il proprio debito. Non sarà tanto importante la moneta digitale della banca centrale, ammesso che si riesca mai ad emetterla, perché così come è disegnata non equivarrà al contante, e i limiti imposti a ciascun wallet sono troppo piccoli per consentire di trasferire valore nel tempo. Conterà di più un quadro regolamentare che divenga finalmente compatibile con l’emersione di strumenti di pagamento digitali in euro, e con l’emissione privata di stablecoin denominati nella valuta europea.

Nelle riserve ufficiali di alcuni paesi cominciano a far capolino le criptovalute, in particolare il bitcoin; qualcuno comincia a comprarli, qualcuno non vende quelli di cui per i motivi più vari entra in possesso. Potrebbe essere solo il principio.

(*) Membro del Comitato di Indirizzo dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 05 maggio 2025 alle ore 10:23