
La valorizzazione degli immobili pubblici è una delle grandi chimere della politica italiana? Sarà la volta buona?
Invimit, la società del ministero dell’Economia costituita per valorizzare il patrimonio pubblico, ha appena annunciato un nuovo piano industriale, illustrato dall’amministratore delegato Stefano Scalera in un intervento sul quotidiano Il Riformista. Il piano si muove su due binari: il primo riguarda “conferire in fondi immobiliari, senza necessariamente curarne direttamente la gestione”; il secondo, quello per noi più interessante, “si concentra sugli immobili che hanno esaurito la loro funzione pubblica ‒ ex ospedali, caserme, colonie ‒ spesso di grandi dimensioni e ubicati in aree strategiche. Per questi, Invimit intende promuovere processi di riqualificazione mirati, attraverso investimenti selettivi e in sinergia con il mercato, al fine di farne emergere il valore”.
Nel patrimonio immobiliare pubblico si cela un grande valore nascosto, stimato in quasi 300 miliardi di euro. Di questi, circa il 76 per cento appartiene agli enti locali, il 17 per cento alle amministrazioni centrali, il resto ad altri soggetti pubblici. Ovviamente non tutti questi immobili possono (né debbono) essere valorizzati, ma se anche una piccola fetta potesse essere messa a reddito (o privatizzata) si darebbe, contemporaneamente, un contributo alla riduzione del debito pubblico e un utilizzo più efficiente a volumi spesso ubicati in zone di pregio urbanistico ma sotto o male impiegati.
Non è la prima volta che se ne parla: come Istituto Bruno Leoni ce ne siamo occupati varie volte nel tempo, la prima attraverso uno studio del 2008 assieme alla Fondazione Magna Carta. Nonostante i molti anni trascorsi, e i tanti buoni propositi formalizzati negli impegni delle varie leggi di bilancio, ben poco è cambiato. La principale ragione è che il processo di valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici è estremamente complesso, in quanto richiede di dialogare con molte amministrazioni diverse e di porre in atto numerosi interventi non solo di riqualificazione ma anche di cambio delle destinazioni d’uso.
Servono dunque due ingredienti cruciali: le competenze e la volontà politica. Il primo si può comprare, acquisendo professionalità adeguate e cercando la collaborazione con soggetti specializzati. La seconda, però, per parafrasare Alessandro Manzoni, nessuno se la può dare: finora il ministro Giancarlo Giorgetti ha dimostrato di avere ben chiara l'importanza di risanare il bilancio pubblico. Bisogna sperare che tenga duro.
(*) Tratto dall’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 30 aprile 2025 alle ore 14:16