![A scuola di declino: l’educazione alla servitù](/media/8310186/scoppa1.jpg?crop=0.046711509715994019,0,0.08912556053811628,0.047085201793721776&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=133837423550000000)
Come i manuali scolastici diffondono la mentalità anticapitalista
Il declino di una società non è mai improvviso. Si insinua lentamente, radicandosi nei luoghi più insospettabili: tra questi, la scuola. A scuola di declino. La mentalità anticapitalista nei manuali scolastici, il libro edito dalla Liberilibri (2024), dimostra proprio detto assunto, ossia come l’educazione di Stato nelle istituzioni pubbliche statali e non statali, abbia contribuito al deterioramento dell’Italia, non solo economicamente ma soprattutto culturalmente. La scuola infatti non istruisce, ma indottrina: è il quadro preoccupante svelato nelle sue pagine Andrea Atzeni, Luigi Marco Bassani e Carlo Lottieri, i quali hanno analizzano con rigore i testi adottati negli ultimi decenni. Fin dalle prime pagine, gli stessi chiariscono la loro tesi: l’egemonia culturale marxista, che sembrava aver subito un colpo fatale con il crollo del Muro di Berlino, è rimasta saldamente al comando nella formazione dei giovani. “I manuali sono davvero perfetti per costruire nel corso del tempo una percezione naturalmente anti-mercato”, affermano infatti i citati autori, dimostrando che nei testi scolastici il capitalismo viene costantemente descritto come un sistema di sfruttamento, la Rivoluzione industriale come una catastrofe sociale e la globalizzazione come la condanna dei poveri.
A tal proposito, uno degli aspetti tra i più significativi e rivelatori è inequivocabilmente il trattamento riservato a Karl Marx: “Marx, Marx e ancora Marx: un solo autore spiega la storia, la filosofia e la società”, è denunciato nel volume, che mostra altresì come il pensatore tedesco venga presentato come un’inesorabile bussola interpretativa della realtà. In perfetta aderenza, il marxismo è quindi trattato con un rispetto quasi religioso, laddove il pensiero liberale e capitalista è relegato a poche citazioni, spesso ridicolizzate o travisate. Come rilevano i predetti studiosi, “non vi è alcuna grande svolta politica nella storia umana che non abbia avuto bisogno di una qualche forma di legittimazione intellettuale”, e i manuali scolastici hanno fornito abbondante legittimazione al socialismo e alle sue varianti.
Un altro punto, da annoverare tra i più inquietanti, riguarda la descrizione dello Stato e del mercato. Ebbene, mentre il capitalismo è visto come un fenomeno negativo, il potere pubblico è costantemente esaltato. “Nei manuali scolastici italiani si impara che l’economia di mercato è semplicemente un cancro”, scrivono gli autori del volume in esame, mettendo in evidenza come la narrazione dominante descriva le imprese private come entità predatorie e lo Stato come il salvatore collettivo. In questa visione, ogni problema della società è imputabile al “liberismo selvaggio” (termine volutamente dispregiativo e onnipresente nei testi esaminati), mentre ogni soluzione passa per l’intervento pubblico. Il capitolo sull’ecologismo è poi particolarmente significativo. In esso è mostrato come l’ambientalismo sia diventato il nuovo veicolo dell’antimercatismo, nonché il vestito nuovo del socialismo. Le narrazioni catastrofiche sulla crisi climatica, l’esaurimento delle risorse e il consumo indiscriminato vengono proposte senza alcuna reale contestualizzazione storica o economica. “La condanna del sistema industriale è una costante”, è sottolineato nel saggio, e ciò rappresenta indiscutibilmente come la scuola insegni ai giovani a temere il progresso e la tecnologia invece di comprenderne le potenzialità.
Ma non è tutto. Il libro evidenzia anche il ruolo della tassazione e della spesa pubblica nella narrazione scolastica. “Le tasse fanno parte della nostra religione civile”, scrivono ancora Atzeni, Bassani e Lottieri, osservando come nei manuali le imposte siano presentate come una necessità ovvia, senza mai mettere in discussione il peso dello Stato sull’economia. Il risultato è una generazione educata a considerare normale il prelievo forzoso e patologica la creazione di ricchezza! Il problema centrale, dunque, non è solo il contenuto dei manuali, ma il loro obiettivo: produrre sudditi anziché individui liberi. La scuola, invece di trasmettere una conoscenza critica e pluralista, si è così trasformata in un’istituzione che inculca un conformismo ideologico pervasivo, tant’è che nel volume è prospettato a chiare lettere che: “La scuola italiana è diventata una macchina per produrre dipendenti pubblici” e sottolineato come l’assenza di una cultura imprenditoriale e meritocratica spieghi l’attrazione irresistibile per il posto fisso e l’intervento statale in ogni ambito della vita.
Il testo, di pregevole fattura e molto interessante, si chiude con una riflessione amara, ma necessaria “per smontare l’egemonia marxista non basta il crollo di un muro”. È necessario un impegno culturale di lunga durata, una battaglia delle idee che rimetta in discussione il dogma della pianificazione statale e restituisca dignità al mercato e alla libertà individuale. Finché la scuola continuerà a formare generazioni di cittadini convinti che il capitalismo sia il problema e lo Stato la soluzione, il declino dell’Italia sarà inarrestabile.
In definitiva, “A scuola di declino” non è solo un libro di denuncia, ma un manifesto per smascherare i pregiudizi che infestano la scuola italiana, che offre una prospettiva alternativa per una rinascita culturale nel segno della libertà. Tanto anche seguendo l’ammonimento di Luigi Sturzo: “Finché in Italia la scuola non sarà libera, neppure gli italiani saranno liberi”.
(*) A scuola di declino. La mentalità anticapitalista nei manuali scolastici, Andrea Atzeni, Luigi Marco Bassani, Carlo Lottieri, Liberilibri 2024, 160 pagine, 16 euro
Aggiornato il 11 febbraio 2025 alle ore 10:12