L’America innova, la Cina replica, l’Europa regola

Questo aforisma, sempre più diffuso nel Nuovo Continente, sintetizza con brutalità la posizione del nostro continente nel panorama globale. Gli Stati Uniti continuano a investire nell’innovazione e la Cina accelera per colmare il divario, mentre l’Europa fatica a stare al passo. Più che incentivare la crescita, attraverso la competitività, sembra concentrarsi sulla regolamentazione, con il rischio di frenare le proprie imprese anziché sostenerle nella competizione globale. Dopo la Seconda Guerra mondiale, l’Europa ha vissuto una crescita straordinaria, trainata da due fattori fondamentali: l’aumento della produttività e l’espansione della popolazione. Questi hanno permesso al continente di ridurre il divario economico con gli Stati Uniti e di diventare una delle economie più forti del mondo.

Dal 1946 al 1995, la produttività europea è cresciuta in modo impressionante, passando dal 22 per cento al 95 per cento dei livelli statunitensi. Ma da circa 30 anni, questo slancio si è fermato. La produttività dell’Europa si è ridotta all’80 per cento rispetto agli Stati Uniti, e la realtà è che oggi l'Eurozona sta perdendo terreno. La causa principale di questo rallentamento è la transizione tecnologica. Mentre gli Stati Uniti hanno abbracciato le nuove tecnologie con velocità ed efficacia, l’Europa sembra faticare a stare al passo. Il mondo sta cambiando rapidamente e, se non cambiamo direzione, rischiamo di rimanere indietro.

Il rapporto presentato dall’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi a settembre 2024 ha fatto emergere con chiarezza i problemi dell’Europa, ma sebbene i sintomi individuati siano corretti, i rimedi proposti non affrontano la radice del problema. Draghi ha ragione nel dire che l’Europa ha bisogno di incentivare la competitività e di un miglior funzionamento dei suoi mercati. Ma la verità è che il vero ostacolo alla nostra crescita è l’eccessiva regolamentazione, una pressione fiscale soffocante e una burocrazia che schiaccia le piccole e medie imprese (Pmi), il cuore dell’economia europea. Le Pmi in Europa sono sommerse da un eccesso di norme e adempimenti amministrativi che le rendono meno competitive e meno in grado di innovare. A questo si aggiunge una tassazione eccessiva, che riduce la capacità delle imprese di reinvestire in ricerca e sviluppo, di assumere personale qualificato e di espandersi sui mercati globali. Le imprese europee spendono 270 miliardi di euro in meno rispetto alle loro controparti americane in R&S, un gap che si traduce in meno crescita, meno posti di lavoro e meno innovazione.

Ma la situazione è ancora più preoccupante se guardiamo al panorama delle grandi aziende. Negli ultimi 50 anni, in Europa non è mai nata una grande azienda con una capitalizzazione superiore ai 100 miliardi di euro. Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti hanno visto nascere tutte le grandi aziende tecnologiche di oggi, come Apple, Microsoft e Google, tutte fondate proprio negli ultimi decenni. E non è un caso. Le start-up europee, quando hanno successo, spesso decidono di trasferirsi negli Stati Uniti, dove possono accedere a capitali di rischio più consistenti e a un sistema economico che favorisce l’innovazione. In Europa, invece, burocrazia e tassazione elevata rappresentano un freno enorme.

Se vogliamo davvero tornare a crescere e ridurre il divario con gli Stati Uniti, dobbiamo fare scelte politiche chiare. La risposta non è continuare ad aggiungere regolamenti e nuove leggi che soffocano le imprese, ma semplificare il sistema, ridurre la pressione fiscale e abbattere gli oneri burocratici. Le Pmi devono poter crescere senza ostacoli inutili. Dobbiamo creare un ambiente che favorisca la ricerca e l’innovazione, che renda più facile per le imprese europee competere a livello globale. La frammentazione dei mercati europei è un altro ostacolo che dobbiamo superare. Le differenze tra i vari Stati membri, le normative contrastanti e le difficoltà nell’accedere ai finanziamenti non fanno che rallentare il nostro progresso. Mentre gli Stati Uniti possono vantare un mercato interno omogeneo e senza barriere, l’Europa deve ancora compiere enormi passi avanti verso un vero mercato unico. Solo così potremo dare alle imprese gli strumenti necessari per competere nel mondo digitale e nell’economia globale.

L’Europa ha bisogno di una visione netta e di azioni concrete per rilanciare la sua competitività. La strada da percorrere non è quella suggerita da chi vuole più regolamenti e più controlli, ma quella che punta a semplificare, ridurre la burocrazia, abbassare la pressione fiscale e liberare il potenziale delle Pmi. Se riusciremo a farlo, potremo tornare a crescere e a competere davvero con le altre grandi potenze economiche. Non è troppo tardi, ma dobbiamo agire ora.

Aggiornato il 31 gennaio 2025 alle ore 11:49