Le sfide di Javier Milei

Il presidente dell’Argentina Javier Milei, in carica oramai dal dicembre 2023, ha avviato il suo piano economico per risollevare il Paese che, da anni, vive una crisi economica senza precedenti. Nei primi mesi di governo, le sue politiche sono state mirate a conseguire i seguenti due principali obiettivi: stabilizzare l’economia e affrontare l’inflazione. Sin dal suo insediamento, il presidente ha affrontato i nodi cruciali che da decenni ostacolano la ripresa dell’Argentina, tra cui un debito pubblico insostenibile, un tasso di inflazione galoppante e un tasso di cambio che rifletteva la sfiducia nei confronti della moneta nazionale.

Milei ha adottato una serie di politiche economiche che prevedono una svalutazione controllata del peso argentino, un aumento delle tasse, la riduzione drastica della spesa pubblica e misure di austerità per raggiungere il pareggio di bilancio in tempi rapidi.

L’inflazione, che è stata uno dei principali problemi dell’economia argentina per decenni, è stata il principale obiettivo della sua presidenza. A dicembre 2023 l’inflazione annuale era intorno al 270 per cento, una cifra che ha raggiunto livelli insostenibili sotto la presidenza di Alberto Fernández, con una spirale inflazionistica che ha eroso i redditi e ridotto il potere d’acquisto della popolazione.

Una delle prime misure adottate dal nuovo presidente è stata una svalutazione del 45 per cento del peso argentino, una decisione che ha avuto immediatamente effetti sui prezzi, causando un’impennata inflazionistica del 25 per cento nel solo mese di dicembre 2023. Tuttavia, questa svalutazione è stata necessaria per correggere il valore del peso che, sotto il governo precedente, era stato mantenuto a tassi artificialmente sopravvalutati, con effetti negativi sull’economia, tra cui un mercato nero valutario (il cosiddetto “blue”) che alimentava la sfiducia nei confronti della moneta nazionale.

La politica di Milei ha visto una svalutazione controllata, con il governo che ha deciso di deprezzare la valuta a un ritmo mensile del 2 per cento, riducendo progressivamente il divario tra il tasso di cambio ufficiale e quello non ufficiale, che negli ultimi mesi del governo precedente aveva superato il 100 per cento. Il tasso di cambio ufficiale e quello “blue” rappresentano due facce della stessa moneta: il primo è sostenuto dallo Stato, mentre il secondo riflette il mercato nero, alimentato dalla sfiducia nei confronti delle politiche economiche e dalla scarsità di dollari sul mercato. Mentre Milei ha inizialmente pensato di unificare subito i tassi di cambio, ha deciso poi di ridurre gradualmente il divario per evitare un nuovo picco inflazionistico, che avrebbe avuto gravi ripercussioni sulle tasche dei cittadini.

Il presidente ha messo in chiaro che la sua priorità è fermare l’inflazione, e per farlo è disposto a sacrificare la crescita economica a breve termine, puntando sulla stabilizzazione monetaria e sul recupero della fiducia dei mercati.

A tale scopo, una delle misure più drammatiche adottate dal governo di Milei è stata quella di ridurre il deficit pubblico, che storicamente ha rappresentato una delle principali cause dell’inflazione in Argentina. L’Argentina ha sempre avuto difficoltà ad accedere ai mercati internazionali a causa dei suoi numerosi default passati, e quindi ha finanziato il proprio deficit principalmente attraverso l’emissione di moneta, un processo che ha innescato ulteriori aumenti dei prezzi.

La volontà di Milei di ridurre il deficit e di evitare l’emissione monetaria è cruciale per fermare l’inflazione e stabilizzare l’economia. Per ottenere il pareggio di bilancio, Milei ha adottato una politica di austerità che ha comportato una riduzione drastica della spesa pubblica, con tagli significativi in vari settori. Il bilancio statale è stato ridotto attraverso una combinazione di aumento delle imposte e diminuzione delle spese.

Il ritorno dell’imposta sul reddito, precedentemente eliminata a fini elettorali, ha permesso di raccogliere maggiori entrate, ma la misura che ha suscitato maggiori polemiche è stata quella che ha portato a una contrazione della spesa pubblica di circa il 30 per cento in termini reali. I tagli più significativi hanno riguardato i trasferimenti alle province, che sono stati ridotti del 70 per cento, e gli investimenti pubblici, che sono scesi dell’80 per cento. Anche la spesa sociale ha subito tagli, con una riduzione del 17 per cento per le prestazioni sociali, del 21 per cento per le pensioni e del 33 per cento per i fondi destinati alle università.

Sebbene queste misure siano state necessarie per cercare di risanare i conti pubblici e contenere l’inflazione, hanno avuto anche un impatto sociale significativo, aggravando le disuguaglianze in un Paese che già affronta un tasso di povertà superiore al 50 per cento.

La scelta di Milei di perseguire l’obiettivo del pareggio di bilancio senza cedere alla tentazione di aumentare il deficit ha riscosso un ampio supporto tra coloro che ritengono che la stabilità fiscale sia un prerequisito indispensabile per la ripresa. Tuttavia, la decisione di tagliare drasticamente la spesa pubblica ha sollevato preoccupazioni per le conseguenze sociali e politiche di tali misure. Nonostante ciò, Milei ha mantenuto un ampio sostegno popolare, con il suo governo che ha ottenuto oltre il 45 per cento di approvazione nei primi mesi.

I primi mesi della presidenza Milei sono stati segnati da un inevitabile calo del prodotto interno lordo (Pil), che secondo le stime della Banca mondiale dovrebbe contrarsi del 3,5 per cento nel 2024. Ci sono però segnali di ripresa, e si prevede una crescita del 5 per cento nel 2025.

Il rallentamento dell’inflazione e il miglioramento dell’attività economica, seppur modesti, hanno contribuito a una riduzione del rischio Paese, che è sceso a circa 1100 punti, rispetto ai livelli molto più alti dei mesi precedenti. Nonostante il rischio Paese sia ancora alto, questo miglioramento è stato visto come un segnale positivo per la stabilizzazione economica.

L’Argentina deve ancora affrontare una serie di difficoltà strutturali che potrebbero ostacolare la ripresa a lungo termine. L’alto tasso di povertà, che ha raggiunto il 52 per cento, continua a rappresentare una delle principali sfide per il governo, che si trova ad affrontare una situazione sociale delicata. In questo contesto, Milei ha cercato di sostenere il suo mandato con l’idea che la stabilità economica possa in qualche modo portare a una maggiore stabilità sociale, ma è difficile prevedere se l’austerità e la recessione possano effettivamente raggiungere questo obiettivo.

Le fragilità strutturali del Paese, infatti, non possono essere risolte in breve tempo, e Milei ha dovuto fare i conti con un’eredità pesante, fatta di politiche fiscali e monetarie insostenibili, di elevati livelli di debito e di una crisi sociale che si trascina da anni.

Le difficoltà economiche dell’Argentina non sono certo imputabili esclusivamente a Milei, ma il suo governo è chiamato a gestire le conseguenze di scelte politiche passate che hanno portato il Paese in una crisi profonda. Il percorso verso una ripresa economica solida richiederà ulteriori riforme strutturali, tra cui la riforma del sistema fiscale, del mercato del lavoro e della giustizia, nonché un miglioramento della competitività e delle esportazioni.

In sintesi, sebbene le misure adottate abbiano portato a una certa stabilità e a una riduzione del rischio Paese, le difficoltà strutturali, la povertà e le disuguaglianze sociali rimangono sfide enormi.

Nei prossimi mesi la sfida che dovrà affrontare il presidente argentino sarà quella di risanare l’economia senza compromettere la coesione sociale, cercando di equilibrare le esigenze di stabilità economica con quelle di equità sociale. Il futuro del Paese dipenderà dalla capacità e di costruire una base solida per la crescita e la prosperità nel lungo periodo.

(*) Economista

Aggiornato il 27 novembre 2024 alle ore 16:34