Affitti non pagati e diritti calpestati: la proprietà diventa facile bersaglio in un sistema che incoraggia gli investimenti
In uno scenario economico sempre più complesso e articolato, la notizia diffusa da Repubblica, Avvenire e altre testate giornalistiche, che hanno ripreso un report di SoloAffitti, evidenzia un fenomeno in crescita che minaccia l’economia italiana e mette a rischio il diritto di proprietà: sei inquilini su dieci, in Italia, risultano morosi mentre uno su due abbandona l’appartamento senza aver estinto i debiti. Sono dati che parlano chiaro, e si prospettano una situazione allarmante generata da un approccio normativo che, anziché garantire l’equilibrio tra le parti, sembra penalizzare i proprietari.
È una vera e propria emergenza, la quale impone l’avvio di politiche in grado di trattare chi investe nel mattone non come un “privilegiato”, ma come un soggetto economico attivo e partecipe della gestione del patrimonio immobiliare.
In Italia ‒ è infatti innegabile ‒ la proprietà immobiliare è spesso guardata con sospetto, come se possedere un bene e disporne secondo le proprie necessità fosse una scelta moralmente discutibile. Né si considera che, dietro a ogni immobile si cela quasi sempre un progetto, un investimento, un desiderio di risparmiare o di mettere a frutto anni di sacrificio. Detti aspetti, purtroppo, non vengono valutati come invece dovrebbero nelle attuali iniziative politiche e legislative, le quali, mosse da pregiudizi anti-proprietà e ostili al mercato, privilegiano in maniera persino eccessiva la tutela degli inquilini morosi. E ciò appare dalla disamina della normativa vigente che offre, in realtà, numerose possibilità di dilatazione senza però tenere conto che ogni mancato pagamento rappresenta un danno diretto per chi vive dell’affitto come fonte di reddito. Peraltro, si tratta spesso di piccoli risparmiatori, persone che possiedono un secondo immobile ereditato o frutto di una vita di lavoro, e che vedono nello stesso una garanzia per il futuro. Ignorare i loro diritti significa compromettere la stabilità dell’intero sistema economico e incentivare comportamenti antigiuridici di morosità, che finiscono per alimentare la convinzione che i proprietari non possono effettivamente agire per ottenere il riconoscimento dei loro diritti e il dovuto compenso.
Di fronte alla richiamata situazione, non è revocabile in dubbio che un problema strutturale come la morosità vada affrontare senza ulteriori indugi, con misure adeguate e dando avvio a una riforma che abbandonando vecchie retoriche ideologiche e riconosca finalmente i proprietari come attori economici essenziali.
Nel provvedere in tal senso è pure necessario rivedere il funzionamento della macchina giudiziaria che, allo stato attuale, ostacola il recupero rapido degli immobili, scoraggiando gli investimenti e inducendo molti a ritirarsi dal mercato degli affitti. Non sorprende, difatti, che molti proprietari preferiscano non affittare per timore della morosità e delle lungaggini burocratiche, sottraendo così al mercato un’offerta che potrebbe contribuire ad alleviare la crisi abitativa.
In sostanza, per risolvere efficacemente il problema è indispensabile sbarcarsi dall’attuale logica paternalistica nei confronti del settore delle locazioni e riconoscere che i contratti d’affitto sono espressione di un impegno reciproco che va oltre il semplice scambio economico: essi rappresentano una forma di cooperazione sociale volontaria fondata sulla fiducia, nella quale ognuna delle parti assume obblighi precisi. Da un lato, l’inquilino ha il diritto di godere di un’abitazione, frutto della sua scelta autonoma nel mercato, libera da problematiche strutturali e idonea alla propria vita quotidiana. Dall’altro lato, il proprietario ha il diritto di ricevere puntualmente il pagamento concordato e, in caso di mancato adempimento, di riottenere velocemente e senza complicazioni il possesso dell’immobile.
La proprietà privata, non bisogna mai dimenticare, è un pilastro fondamentale di qualsiasi economia libera e ridurre i proprietari a meri fornitori di alloggi sociali non fa che svalutarne il ruolo e scoraggiarne l’investimento.
A parte ciò, occorre altresì superare il concetto di “giustizia sociale”, che è piuttosto in un miraggio irraggiungibile, che per essere realizzata ha sempre richiesto di adoperare strumenti che hanno finito per limitare le libertà individuali e imporre vincoli che, paradossalmente, hanno portato a esiti opposti rispetto a quelli desiderati. “Il principale risultato negativo della “giustizia sociale” nella nostra società – ha scritto Friedrich A. von Hayek – è che questo tipo di giustizia impedisce agli individui di raggiungere ciò che potrebbero raggiungere, dato che viene sottratto loro ogni mezzo per ottenere ulteriori investimenti”. Nel caso degli affitti, essa è stata spesso invocata per giustificare provvedimenti legislativi e tassazioni che hanno sottratto risorse ai privati, compromesso il diritto di proprietà, ostacolato l’accumulazione di capitale e ridotto la capacità di investire e creare nuove opportunità economiche.
La vera giustizia risiede invece nel rispetto degli accordi, non nella redistribuzione forzata a spese dei privati. Affidarsi a un’impostazione che tutela solo gli inquilini equivale a imporre ai proprietari una sorta di tassa invisibile: la morosità rappresenta, in definitiva, un’imposizione indiretta, una perdita economica che danneggia non solo i singoli proprietari ma l’intera economia. Rendere difficile il recupero degli immobili e offrire protezioni eccessive ai morosi incentiva, di fatto, il disimpegno dal mercato delle locazioni, con inevitabili effetti negativi sull’offerta abitativa.
In tale contesto, le istituzioni ei decisori politici, unitamente alle organizzazioni sindacali rappresentative delle parti dei rapporti locativi, dovrebbero incentivare politiche di mercato basate sulla libera scelta e sulla responsabilità individuale, favorendo la fiducia reciproca tra i contraenti. Solo attraverso una riforma profonda dell’ordinamento e il sostegno a un mercato libero e non condizionato da interferenze della mano pubblica sarà possibile ristabilire un equilibrio autentico, in cui la proprietà venga rispettata come diritto fondamentale ei contratti siano effettivamente vincolanti. Il cammino da seguire è quello del rispetto per i diritti di chi ha investito nelle proprie risorse, un principio essenziale per una società aperta, libera e prospera.
Aggiornato il 06 novembre 2024 alle ore 12:55