Fiammate di spesa pubblica da Draghi

Nella nostra società attuale, in qualsiasi settore, da quello economico, sociale, politico, fino a quello culturale, non si fa altro che inflazionare il termine liberale, mortificandone il significato senza alcun ritegno. Invero, tutti questi sedicenti liberali vengono stanati nella loro finzione quando commentano in modo entusiastico i progetti o le proposte di indirizzo politico-economico di certi tecnocrati finanziari. A tale riguardo, il progetto delineato da Mario Draghi per un nuovo “Piano Marshall” europeo nasce dalla necessità di affrontare il declino economico del continente, che negli ultimi decenni ha visto una crescita limitata o, come nel caso italiano, addirittura un arretramento. Tuttavia, da una prospettiva liberale, emergono diverse criticità. In primo luogo, l’idea di ricorrere a un massiccio indebitamento o a un aumento delle tasse per finanziare un piano di investimenti centralizzati è vista come una continuazione delle politiche socialdemocratiche e keynesiane, che molti critici ritengono responsabili della stagnazione economica europea. Queste politiche sono percepite come un’ulteriore intrusione dello Stato nell’economia, con il rischio di riproporre modelli clientelari e assistenziali già ampiamente criticati, come nel caso della politica dei bonus in Italia.

Un altro aspetto controverso è la gestione di questi fondi. Draghi propone che le risorse siano amministrate dall’Unione europea anziché dai singoli Stati membri, rafforzando così l’autorità centralizzata di Bruxelles. Questo approccio, però, desta preoccupazioni tra coloro che vedono l’Ue come un’entità sempre più burocratica e distante dai bisogni reali dei cittadini. In particolare, l’orientamento di questi investimenti verso la “decarbonizzazione” e altre politiche ecologiche radicali è considerato problematico, soprattutto per le economie industriali come quella tedesca, che hanno già subito i contraccolpi di simili iniziative. Infine, il progetto di Draghi prevede anche la creazione di un esercito europeo, visto come un passo verso una maggiore integrazione politica e militare. Questo rafforzamento dell’Ue a livello militare suscita perplessità tra coloro che temono un rafforzamento eccessivo delle istituzioni sovranazionali, spesso percepite come strumenti per accelerare l’integrazione politica attraverso conflitti o situazioni di emergenza. Infine, la retorica intorno al “Piano Marshall” originale viene messa in discussione. Secondo questa critica, la ripresa economica dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale non fu tanto il risultato degli aiuti americani, quanto delle basse regolamentazioni e tasse dell’epoca, che favorirono l’imprenditorialità e la crescita. Quindi, per i liberali, la soluzione non sarebbe un nuovo intervento massiccio dello Stato o dell’Unione europea, ma un ritorno a politiche di mercato libero che incentivino l’iniziativa privata.

Aggiornato il 16 settembre 2024 alle ore 15:52