Se un monopolista pubblico viola le norme della concorrenza, il Governo cambia le norme
Il Governo cambia la legge che impedisce ai monopolisti di fare concorrenza sleale in altri mercati a meno di un mese dalla condanna di Poste: le ragioni per cui le norme esistenti vanno difese
Il decreto Omnibus del 9 agosto abroga una disposizione della legge antitrust italiano, secondo cui un’impresa che svolge un servizio pubblico non può utilizzare gli asset funzionali a tale servizio per fare concorrenza sleale ad altre imprese in mercati contigui. È il caso di Poste italiane, a cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ordinato di cessare immediatamente le condotte abusive e concedere ai concorrenti accesso alla rete postale, oggi utilizzata per commercializzare le offerte di Poste energia sfruttando la capillarità degli sportelli postali. La vicenda viene ricostruita e illustrata nello Special Report dell’Istituto Bruno Leoni “Da 160 anni al servizio del Paese? La rete postale come veicolo della liberalizzazione energetica”. Lo studio ricostruisce la ratio della legislazione antitrust e le motivazioni per cui l’Autorità ha condannato Poste. Il punto fondamentale è che Poste dispone di una vasta rete di sportelli che non sono frutto di investimenti sostenuti dall’azienda, ma di un trasferimento a titolo non oneroso da parte dello Stato, che continua a contribuire il suo mantenimento attraverso il contratto di servizio.
Inoltre, è solo in forza del servizio pubblico che svolge se Poste può mantenere una rete così capillare, che nessun operatore privato sarebbe autorizzare a replicare proprio per prevenire il formarsi di posizioni dominanti nei rispettivi mercati. Scrive Stagnaro: “La soppressione del comma 2-quater da parte del Governo, con un decreto varato il 9 agosto, rischia di generare conseguenze negative e poggia su una interpretazione della normativa del tutto infondata. A destare sospetti non solo è la curiosa scelta dei tempi, con l’abrogazione di una norma di legge a meno di un mese dalla condanna di una società partecipata dallo Stato, all’interno di un articolo rubricato proprio disposizioni in materia di società a controllo pubblico”. È soprattutto il fraintendimento sui contenuti del comma 2-quater, che viene ricondotto alla disciplina settoriale delle industrie a rete quando invece esso riguarda proprio ciò che tali discipline lasciano scoperto, cioè l’utilizzo degli asset non replicabili per offrire servizi in mercati contigui”.
(*) Direttore Ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 13 settembre 2024 alle ore 12:08