Appuntamento a settembre con Bce e Fed

Il prossimo mese chiave per le banche centrali è settembre. I mercati monetari si attendono che il 12 la Banca centrale europea tagli i tassi d’interesse, seguita dopo sei giorni dall’equivalente statunitense, la Federal Reserve. Le decisioni di politica monetaria devono essere basate su dati precisi e improntate sulla prudenza, come non perde occasione di ribadire la presidente della Bce Christine Lagarde. Per tale ragione, sono determinanti la gestione del bilancio nei Paesi dell’Eurozona, la produttività e l’avvicinamento dell’inflazione alla soglia obiettivo del 2 per cento. Quest’ultima variabile non desta particolari preoccupazioni.

Le ultime stime di Eurostat, infatti, riportano un aumento dei prezzi al consumo nell’area Euro del 2,5 per cento. Nell’erogazione dei servizi, l’inflazione è più elevata e raggiunge il 4,1 per cento ma, come specifica il governatore di Banca d’Italia Fabio Panetta, questo dato non deve allarmare in quanto i dati sui servizi tendono a variare più lentamente rispetto a quelli dei beni; quindi, è normale che i relativi prezzi crescano a un ritmo più elevato rispetto all’inflazione complessiva. A pesare sulle previsioni inflazionistiche è l’incognita francese. Alcuni osservatori economici temono che il nuovo Esecutivo di Parigi possa aumentare il disavanzo erodendo i conti pubblici, dopo che nel 2023 il rapporto deficit/Pil ha raggiunto il 5,5 per cento. La reazione dei mercati alle elezioni legislative è stata più pacata rispetto a molte previsioni ma Lagarde, che è stata ministro dell’Economia francese sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy, dopo l’ultimo consiglio direttivo ha inviato un chiaro messaggio ai governi in cui ha sottolineato la necessità di aderire alle norme sui conti pubblici recentemente aggiornate in Europa. Il governatore francese François Villeroy de Galhau ritiene ragionevole attendersi persino due tagli entro la fine dell’anno, uno a settembre e il successivo a dicembre.

Per quanto attiene alla produzione industriale, il calo si è avvicinato al 3 per cento nell’ultimo anno (dati di maggio), con una flessione particolare in Germania, dove ha raggiunto il -6,7 per cento. Le proiezioni della Bce sul Pil sono orientate al ribasso con una crescita nel secondo trimestre del 2024 probabilmente inferiore a quella registrata nel primo. La contrazione della domanda ha comportato un aumento del costo del lavoro per ciascuna unità di prodotto; quindi, le imprese che hanno preferito trattenere i lavoratori dopo la pandemia in autunno potrebbero ridurre il numero di dipendenti qualora i consumi rimanessero stabili o in declino.

Negli Stati Uniti, l’inflazione è del 3 per cento, poco più alta che in Europa, ma il presidente della Fed Jerome Powell non appare preoccupato e ha dichiarato che i dati sui prezzi negli ultimi tre mesi sono “molto buoni”. La riunione della Fed di settembre precederà di nemmeno due mesi le elezioni presidenziali del 5 novembre. Donald Trump ha assicurato che, in caso di vittoria repubblicana, lascerebbe Powell al vertice della Fed, aggiungendo che “sa che non deve tagliare i tassi prima delle elezioni”. I mercati, tuttavia, rimangono fiduciosi circa l’adozione di una politica monetaria espansiva a partire da subito dopo l’estate.

Sia nell’Eurozona che negli Usa, entro settembre saranno noti ulteriori dati che potrebbero modificare il quadro attualmente delineato e influire sulle decisioni di Bce e Fed ma, in assenza di shock importanti, le previsioni sull’abbassamento dei tassi rimangono largamente condivise.

Aggiornato il 24 luglio 2024 alle ore 09:48