“Salva-casa”: la ragionevolezza incontra l’economia e il diritto

Ha sfidato una mentalità in larga misura prevalente il ministro dei Lavori pubblici, Matteo Salvini, quando ha deciso di eliminare un po’ di norme in ambito edilizio, permettendo a una serie di case di tornare sul mercato e ad altre di starvi in maniera legale. Tale scelta ha sorpreso più d’uno perché nella società italiana sono ormai probabilmente maggioritari quanti prima di agire si attendono comandi e indicazioni dall’ordinamento e, in assenza di questo, si sentono persi. Essi considerano necessario che vi sia una legge che determina in che modo le abitazioni vadano costruite e che a tal fine fissa tot spazio, tot luce, tot aria, invece che lasciare la decisione al proprietario.

Seguendo il dibattito pubblico di queste settimane risulta chiaro che, per i difensori dello status quo, se l’altezza minima di un’abitazione fosse di 240 cm (e non 270 cm), allora tutti adotterebbero quelle misure. Ovviamente non è così, ma pochi sembrano in grado di percepire alcune cose: che chi fa le case intende venderle, e quindi fa il possibile per incontrare il favore del consumatore; che comunque esistono immobili con un soffitto a 260 cm che però sono migliori di altri con soffitti più alti (stando così le cose, impedire di vivere in quegli spazi è certamente antisociale); che comunque se case alte 240 cm di nuova produzione fossero acquistate, questo semplicemente ci direbbe quali sono le preferenze del pubblico.

Quanto s’è detto per i soffitti vale per tutto il resto: a partire dalle dimensioni minime degli appartamenti. Nel presentare gli emendamenti del suo partito, i quali prevedono anche come una casa possa avere un’estensione minima di 20 mq e non più di 28 mq, Salvini ha lasciato chiaramente intendere che è stato indotto a fare queste scelte dalla constatazione che già ora sono in molti (mariti separati, studenti fuori sede, recenti immigrati, ecc.) a vivere in queste condizioni, spesso perché non hanno alternative migliori.

Fare i conti con la realtà è dunque importante e per giunta conduce a intuire le buone lezioni della teoria economica e i principi del diritto. Perché in fondo, nel momento in cui viene un poco disboscata la fitta normativa che s’occupa del settore immobiliare, quella che ne deriva è una parziale riaffermazione del diritto di proprietà. Alla fine, si riconosce al titolare il sacrosanto diritto di spostare un muro interno, utilizzare al meglio un seminterrato, costruire un soppalco.

Sono piccoli passi, ma senza dubbio nella giusta direzione.

(*) Direttore del dipartimento di Teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 22 luglio 2024 alle ore 14:07