La settimana di Confedilizia (Podcast)

n. 19 dell’11 maggio 2024

I saluti più cordiali unitamente a un ben ritrovati ai nostri ascoltatori. La stampa ha innanzi tutto riportato il sondaggio sulle aspettative dei consumatori della Banca centrale europea, secondo cui l’onere abitativo delle famiglie dell’Unione europea negli ultimi trimestri si è rivelato sempre più elevato. Ciò anche a causa dell’incremento dei prezzi dell’energia, che ha prodotto un aumento dei costi abitativi, comprese le spese per l’affitto o i pagamenti degli interessi ipotecari, la manutenzione della casa e le utenze. Il medesimo sondaggio ha pure indicato che nei singoli Paesi della zona Euro esiste una significativa eterogeneità nei costi abitativi, nonché una sostanziale differenza tra i costi, se si considera la maggiore proporzione di mutui a tasso variabile, soprattutto in nazioni come Italia e Spagna. I costi abitativi variano inoltre a seconda dei tipi di proprietà e dei Paesi Ue.

Un altro argomento in evidenza sui media è stato quello relativo alla 18/esima edizione dell’indagine condotta dall’Osservatorio Confcommercio-Censis su consumi e fiducia. Essa ha prospettato che l’economia italiana è in salute, ma sulle famiglie pesano l’incertezza e un po’ di paura, che portano a peggiorare le aspettative future e a ridurre le proprie intenzioni di acquisto. Per Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi Confcommercio-Imprese per l’Italia, pur rimanendo ancora lontani i livelli nel 2007, è prevista nel 2024, in termini reali, “una crescita del reddito disponibile dell’1,4 per cento e dei consumi attorno allo 0,9 per cento e ciò testimonia la nostra visione complessivamente positiva della salute della nostra economia”.

Gli organi di informazione hanno pure dato risalto all’importante recente sentenza della Cassazione la quale, pronunciandosi sulla corretta applicazione del regime fiscale della cedolare secca sugli affitti abitativi, ha puntualizzato che l’esclusione da tale opzione fiscale favorevole opera unicamente per i locatori che esercitano attività d’impresa o professionale, e non anche quando il conduttore stipuli il contratto per un immobile residenziale nell’ambito della propria attività professionale. In tal modo, la Suprema corte ha segnato un decisivo cambio di passo rispetto all’interpretazione restrittiva promossa dall’Agenzia delle entrate a partire dal 2011. Questa sosteneva invece che non fossero inclusi nell’ambito di applicazione del regime favorevole i contratti di locazione stipulati con conduttori che operano nell’ambito di attività d'impresa o professionale.

In merito alla predetta decisione, la Confedilizia ha espresso l’auspicio che la pronuncia della ponga termine a un contenzioso durato sin troppo. La storica confederazione della proprietà immobiliare aveva infatti espresso sin dal 2011 l’avviso che l’interpretazione dell’amministrazione finanziaria fosse infondata, non rispondendo né al contenuto letterale della norma, che non pone limiti nei confronti del conduttore, né alla ratio della stessa, che vorrebbe agevolate fiscalmente tutte le locazioni ad uso abitativo da parte di soggetti Irpef.

Da segnalare, infine, il nuovo intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale, dopo aver partecipato ai lavori della Commissione Finanze del Senato sul decreto Superbonus, ha dichiarato che spalmare i crediti del Superbonus in 10 anni sarà “un obbligo” e non più una possibilità e che non saranno presi in considerazione emendamenti alla norma che prevedano una forma di deroga del Superbonus.

Il commento di Alessandro Vitale, docente dell’Università degli Studi di Milano, chiude il presente podcast: “Interventismo con effetti discriminatori espresso anche dalla sentenza della Cassazione non è che l’ennesima manifestazione di una bulimia regolatoria che sembra provenire da un altro pianeta, così come lo sono i toni ottimistici sulla situazione italiana. L’inflazione, la voragine del debito pubblico e del pagamento di interessi che comporta l’ipertrofia legislativa sono la realtà. Per non parlare del catastrofico calo del salario reale, che è la vera misura di ciò che le persone guadagnano. L’Italia è l’unico Paese nell’Unione europea nel quale è sceso, mentre quelli dell’Europa centrale e orientale, i Paesi baltici in testa, sono riusciti a introdurre riaggiustamenti imponenti che stimolano la fiducia nel futuro. I redditi medi italiani sono al di sotto dei livelli degli anni Novanta, le sacche di povertà sono molto grandi, sanità e previdenza sprofondano sotto il peso della nuova piramide demografica, i giovani continuano ad andarsene. Una classe politico burocratica predatoria e corrotta alimenta la sfiducia e la crisi di legittimità di uno Stato decotto. Senza invertire drasticamente la rotta, il naufragio è ineluttabile”.

(*) A cura di Sandro Scoppa, conduce Annarita Palaia

Aggiornato il 13 maggio 2024 alle ore 10:56