Per quanto ci si sforzi, è veramente difficile valutare il Documento di economia e finanza 2024 appena approvato dal Governo. L’unica possibilità minimamente seria sarebbe quella di riprendere, verbatim, le valutazioni a suo tempo già espresse a proposito del quadro tendenziale della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023 di cui il Documento di economia e finanza 2024 riproduce, in larga misura, le grandezze. E non a caso. La transizione dalle precedenti alle future regole del Patto di stabilità e crescita è ancora in atto e non si concluderà prima del prossimo settembre. Le valutazioni circa il trattamento contabile dei crediti di imposta originati dai bonus edilizi sono ancora di là da venire e, per non farci mancar nulla, è più che probabile che l’Italia – peraltro in buona compagnia – sia oggetto di una procedura di infrazione per deficit eccessivo. In un contesto ancora largamente indefinito, come quello attuale, lanciarsi in puntuali ipotesi programmatiche sarebbe stato – il documento non a caso lo sottolinea – un mero “esercizio di stile”.
Ciò non di meno, il Documento di economia e finanza 2024 non è privo di alcuni spunti interessanti, di cui forse il più significativo è quello che fa riferimento all’impatto delle riforme del Pnrr sulla dinamica del rapporto fra debito e prodotto, per il tramite di un incremento nel tasso di crescita del prodotto potenziale. Un impatto tutt’altro che trascurabile, in grado di rivedere al ribasso e significativamente il profilo del rapporto fra debito e prodotto che alla fine del decennio in corso si collocherebbe ad un livello di circa due punti percentuali più basso rispetto al 2023 e non già allo stesso livello, come accadrebbe invece se non venissero contabilizzati gli impatti delle riforme previste dal Pnrr e già attuate. In un Documento di economia e finanza 2024 che, nel prendere atto della natura indefinita del contesto, appare caratterizzato da una dose opportuna e benvenuta di realismo, il box relativo agli impatti delle riforme già messe in campo grazie al Pnrr appare come una inutile concessione alla fantasia (di cui peraltro i tendenziali, saggiamente, non tengono conto).
Sono molti i motivi per pensare che l’impatto delle riforme sulla capacità di crescita del sistema possa essere molto meno pronunciato di quanto non venga solitamente ipotizzato. Un confronto a livello internazionale lascerebbe pensare che impatti di una qualche rilevanza possano registrarsi in Paesi già caratterizzati, ad esempio, da sistemi giudiziari e da strutture regolatorie molto avanzate (e cioè, ad esempio, nei principali paesi dell’Europa continentale). Inferiore sembrerebbe essere l’impatto nei Paesi dell’Europa mediterranea (e del resto, l’esperienza italiana degli ultimi venticinque anni dovrebbe forse insegnare qualcosa). Tutti noi ricordiamo – o dovremmo ricordare – la favoletta della contadina che, con una ricotta nel cestino, si avvia verso il mercato e sogna di diventare ricca a partire da quella ricotta fino a quando il cestino non le cade mandando la ricotta in mille pezzi. Le favolette valgono anche per i Governi.
(*) Consigliere d’amministrazione dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 16 aprile 2024 alle ore 10:22