I dati ultimi sull’occupazione sono stati sorprendentemente positivi, con l’innalzamento improvviso del numero di contratti a tempo indeterminato. Ma non sono l’effetto della buona economia, bensì del ritorno nel mercato del lavoro di milioni di persone sospinte, nel recente passato, verso l’inattività, con la complicità del reddito di cittadinanza.
Tale dinamica si è verificata anche a causa dell’impoverimento delle famiglie, che giocoforza ha spinto molte persone a entrare nel mercato del lavoro. Un fenomeno assai confortante per imprese che da tempo non trovavano più persone per coprire il fabbisogno di maestranze. Hanno quindi assunto moltissime persone a tempo indeterminato pur di ottenerle, come non accadeva da tantissimo tempo. Ma questo fenomeno temporaneo e del tutto particolare, in assenza di strategie lungimiranti, potrà nel futuro prossimo trasformarsi in fuoco fatuo.
Dunque, esaurita la fortuita congiuntura descritta, sarà importante concentrarsi su una programmazione fondata davvero sui nostri bisogni di lunga durata. Sarà necessario che gli italiani si occupino al più presto di una sfida epocale: eguagliare la rapidità dello sviluppo delle tecnologie digitali con la velocità di costruzione di solidi presupposti per la sufficiente dotazione di professionalità in grado di dominarle. Bisogna recuperare il terreno perso in tanti anni e arginare la fuga di molti giovani laureati verso Paesi più generosi in termini di retribuzione e possibilità di carriera.
La penuria di lavoratori altamente specializzati ha ormai raggiunto le 500mila unità circa, un fattore che arreca al nostro Paese una bassa competitività professionale, oltre a costare più di mezzo punto di Pil all’anno. Questa penalizzante congiuntura dovrà superarsi, ridandoci collettivamente un preciso orizzonte sul Paese che vogliamo essere in futuro.
Quale sistema di education dovrà aiutarci ad assimilare rapidamente ogni innovazione, raggiungendo così grandi capacità competitive? Serve domandarsi quale organizzazione e quali strumenti dovremo possedere. Quale didattica dovrà adottarsi se non quella legata fortemente alla modernità? E quale docenza da riconvertire e quali nuovi docenti da acquisire, per essere in grado di trasferire ai discenti competenze adeguate rispetto a questi epocali tempi di cambiamento sociale. Quali sono i fermenti vivi della società da coinvolgere?
Questi quesiti sono alla base del cambiamento che gli italiani dovranno affrontare, a partire dalla propria classe dirigente. Quest’ultima ha il compito e il dovere di indicare soluzioni esaurienti e non occasionali per far fronte all’attuale, disastrosa condizione in cui versa l’education.
Il sistema dell’istruzione dovrà avere luoghi di analisi e programmazione aperti alla partecipazione delle parti sociali e delle realtà associate della società civile. I genitori dovranno essere responsabilizzati e coinvolti nelle scelte complessive degli itinerari dedicati all’apprendimento dei loro figli. La scuola e l’università dovranno interfacciarsi strettamente con imprese e lavoratori, facendo leva sul loro sistema partecipativo di stampo aziendale. Dovranno legarsi ai fabbisogni formativi aziendali, settore dopo settore, per cooperare strettamente nella programmazione dell’apprendimento di ogni livello e grado.
Gli Its (Istituti tecnici superiori) dovranno essere potenziate e legate alla programmazione della corsualità universitaria per la definizione di percorsi di alta qualificazione tecnico-specialistica. I tirocini dovranno essere il fulcro del passaggio dalla scuola e dall’università al mondo del lavoro.
Per favorire ritmi adeguati nel mondo dell’education e coinvolgere la vasta platea di giovani lavoratori non occupati, occorre sostenere lo sviluppo dell’insegnamento online nella formazione applicata all’aggiornamento professionale e all’alta formazione universitaria e post-universitaria.
La somma delle sfasature attuali e delle inefficienze del sistema dell’istruzione è la risultanza dell’arrogante pretesa, per i tempi che stiamo vivendo, di mantenere lo status quo in ossequio alle corporazioni, ai poteri e interessi consolidati.
Ecco perché il desiderio e la consapevolezza di dare una forte sterzata al sistema dell’education devono passare attraverso una discussione aperta e sincera tra tutti gli stakeholders con i poteri nazionali e regionali, per programmare il Governo del cambiamento e avviare il Paese verso la sicura traiettoria che lo condurrà a essere un grande soggetto civile avanzato.
La partecipazione di tutti i soggetti sociali e istituzionali dovrà essere tanto diffusa da indebolire quelle resistenze di ogni genere che, finora, hanno avuto la meglio su chi ha chiesto, invano, il cambiamento per raggiungere la modernità.
(*) Presidente Ripensiamo Roma
Aggiornato il 20 marzo 2024 alle ore 11:30