Scampato pericolo? C’è chi parla di sconfitta per Roma ma sembra non avvedersi della vittoria per i contribuenti italiani. Il Governo ha deciso di non stanziare le risorse, una novantina di milioni, per l’organizzazione dei Mondiali di atletica nel 2027 a Roma e, di conseguenza, la Fidal (Federazione italiana di atletica leggera) ha comunicato la rinuncia alla candidatura. I grandi eventi sportivi sono stretti parenti delle “grandi opere” infrastrutturali. Vengono spesso presentati come imperdibili occasioni di rilancio economico per una città o una regione. La realtà, con poche eccezioni, è in entrambi i casi assai diversa. A conti fatti, le ricadute positive risultano molto più limitate e i costi più elevati di quanto ipotizzato inizialmente. D’altra parte, chi fa pressione per ospitare un evento o perché nel proprio territorio venga realizzata un’opera infrastrutturale ha tutto l’interesse a presentare un quadro ottimistico. I benefici sono prevalentemente locali mentre i costi sono distribuiti, come anche in quest’ultimo caso, sulla popolazione intera. Per questo stesso motivo ogni italiano ha scarso interesse a informarsi e a opporsi alla spesa pur se questa lo danneggia.
Meglio, allora, seguire la strada della privatizzazione come fece, resa edotta dalla esperienza di Montreal con le Olimpiadi del 1976, la città di Los Angeles, la cui municipalità decise che nessun contributo pubblico sarebbe potuto essere utilizzato per il finanziamento delle Olimpiadi del 1984. Il comitato organizzatore ebbe così un fortissimo incentivo a reperire risorse private: la scommessa si rivelò vincente. Il bilancio dei giochi si chiuse con un profitto di 225 milioni di dollari di cui il 40 per cento venne destinato alla creazione della Amateur Athletic Foundation di Los Angeles, un’organizzazione no-profit che finanzia l’attività sportiva dei giovani in California.
Con questo approccio si perderà anche qualche buona occasione? È possibile ma, come scriveva Luigi Einaudi a proposito delle tariffe doganali: “Chi chiede protezione contro lo straniero o sussidi o favori dallo Stato, nove volte su dieci è nemico del suo connazionale. Resta quel caso su dieci o su cento che meriterebbe di essere considerato, ma il liberista esita anche in confronto ad esso, perché l’esperienza storica gli ha dimostrato che all’ombra di una iniziativa meritevole di incoraggiamento statale, passa trionfalmente il contrabbando di mille avventurieri e sfruttatori del pubblico. Il liberismo non è una dottrina economica ma invece una tesi morale”.
(*) Research Fellow dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 05 marzo 2024 alle ore 11:57