n. 9 del 2 marzo 2024
I saluti più cordiali e un ben ritrovati ai nostri numerosi ascoltatori. La notizia di apertura riguarda l’ulteriore calo del tasso Euribor, il riferimento per i mutui a tasso variabile. In particolare, secondo quanto rilevato da Ebury, l’Euribor a gennaio ha registrato il terzo mese consecutivo di flessione, dopo i massimi raggiunti nell’ottobre dello scorso anno, quando ha chiuso al 4,16 per cento. Per la medesima società, detto calo riflette le aspettative del mercato secondo cui la Banca centrale europea potrebbe iniziare a tagliare i tassi di interesse già ad aprile e altri seguiranno nel corso dell’anno. Comunque, quest’anno, la Bce dovrà necessariamente invertire la sua politica monetaria, giacché i dati economici più recenti lo giustificano: l’inflazione di base rimane contenuta e l’economia dell’Eurozona è in stagnazione. È da ritenere, nel complesso, che entro la fine del 2024 l’Euribor si attesti intorno al 3 per cento, e ciò avrà benefiche ripercussioni per i titolari di mutui ipotecari, che potrebbero godere di tassi più contenuti. I benefici dovrebbero altresì interessare tutti coloro che decideranno di contrarre un mutuo per acquistare una casa.
Dovrebbe, infatti, invertirsi la tendenza certificata in una ricerca della Federazione autonoma bancari italiani, la quale ha indicato come sino a oggi, a causa dei tassi elevati, addirittura triplicati dalle banche, le famiglie italiane hanno ridefinito le loro priorità, allontanandosi dall’idea di chiedere mutui per acquistare casa. In particolar modo, dal report emerge una conferma del netto calo delle compravendite di immobili residenziali nel terzo trimestre del 2023, che coinvolge tutto il territorio e ogni tipologia di abitazione, e che fa seguito a quello iniziato col quarto trimestre 2022, dopo una crescita continua e accelerata dal 2020.
Altri contributi in evidenza sulla stampa investono l’aumento, sul totale delle compravendite in Italia, della percentuale di pensionati che acquistano casa. Essi compongono una quota di mercato pari all’8,7 per cento, e detta quota è altresì in leggero aumento, se confrontata con lo stesso periodo del 2022. Vi è comunque da rilevare che non è ben chiaro se i pensionati effettuino gli acquisti per investimento o in funzione delle esigenze dei figli. Nel 2023, le unità immobiliare da loro acquistate sono stati destinate nella maggior parte dei casi ad abitazione principale e in misura inferiore a investimento e casa vacanza.
I media hanno pure dato risalto alle risultanze di un’elaborazione di InfoCamere per Il Sole 24 Ore, su dati del registro delle imprese delle Camere di commercio, relativamente alle aziende sorte per gestire i lavori ricompresi nel Superbonus. Queste sono state ben 11mila, la cui iscrizione è avvenuta nel settembre 2020 e la cessazione tra aprile 2022 e settembre 2023. È purtroppo una fotografia che mostra come tanti soggetti si siano improvvisati esperti del settore per cercare di intercettare un mercato che, tra l’altro, in un primo momento non presentava particolari limiti.
Da segnalare, in conclusione, gli interventi apparsi su alcuni quotidiani, che hanno messo in luce come, ad appena due mesi di distanza, la liberalizzazione degli affitti decisa in Argentina dal presidente Javier Milei – con il Decreto di Necessità e Urgenza – stia dando i risultati attesi. Essa ha segnato un punto di svolta nel mercato delle locazioni, che sta reagendo positivamente in un contesto di maggiore libertà, certificato soprattutto dal notevole incremento dell’offerta di unità immobiliari in affitto e dalla conseguente tendenza alla riduzione dei canoni di locazione. È una felice esperienza, la quale dimostra ancora una volta che, in un mercato privo di ostacoli, la concorrenza tra proprietari garantisce un’offerta sufficiente per soddisfare la domanda e assicurare agli inquilini/consumatori, prezzi e condizioni migliori possibili.
La chiusura del podcast è affidata al commento di Antonio Nucera, responsabile del centro studi di Confedilizia: “Sono trascorsi dieci anni ormai dall’entrata in vigore della riforma del condominio. Una riforma che ha inciso sulla vita di milioni di italiani e di alcune migliaia di amministratori condominiali. Una riforma che, a mio avviso, presenta luci ed ombre.
Ombre, perché si è persa la grande occasione – e in questi anni se n’è avuta la riprova più volte – di riconoscere al condominio la capacità giuridica; ciò che avrebbe consentito senz’altro una maggiore facilità di rapporti tra amministratori condominiali e terzi, ma avrebbe senz’altro facilitato anche la vita degli stessi condòmini. Il condominio è rimasto, invece, un semplice ente di gestione, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Luci, perché comunque, grazie alla riforma, sono stati utilmente recepite prassi e giurisprudenza consolidata e ciò ha indubbiamente portato maggiore chiarezza in materia. Mi riferisco, ad esempio, all’obbligo di apertura di un conto corrente bancario o postale intestato al condominio, ma anche alla codificazione del supercondominio. Ma ciò che più rileva è che la riforma non ha inciso sui diritti dominicali e, per questo, occorre riconoscere merito alla Confedilizia che durante i lavori preparatori della legge di riforma si è impegnata grandemente in questo senso”.
(*) Il podcast è a cura di Sandro Scoppa, conduce Gianfranco Fabi
Aggiornato il 05 marzo 2024 alle ore 12:49