La ratifica del Mes e il nuovo patto di stabilità europeo

È ritornata prepotentemente all’ordine del giorno la ratifica della riforma del MesMeccanismo europeo di stabilità. Anche se ancora risulta calendarizzata alla Camera dei deputati la discussione sulla ratifica, per il 14 dicembre prossimo al quarto punto dell’Ordine del giorno, è improbabile l’apertura della discussione in quanto al terzo punto del medesimo programma della seduta è in scadenza il Decreto legge “Anticipi”, che deve essere convertito in legge entro sabato 16 dicembre. L’Italia è rimasta l’unica nazione, tra le 19 nazioni (diventate 20 con l’ingresso della Croazia) che ancora non ha provveduto alla ratifica del Mes. Il trattato intergovernativo, dei Paesi che adottano l’euro, denominato European Stability Mechanism nasce nel 2011 con lo scopo di sostituire il cosiddetto Fondo salva Stati (Efsf). Il Mes fu poi introdotto nel 2012 per affrontare la crisi del debito sovrano che si sviluppò con la crisi finanziaria del 2010, con l’obiettivo di aiutare i Paesi in difficoltà finanziaria. La sua funzione fondamentale è quella di concedere, “sotto precise condizioni”, assistenza finanziaria ai Paesi membri, che pur avendo un debito pubblico sostenibile hanno difficoltà a finanziarsi sul mercato dei capitali. Il Mes è composto dai 19 ministri dell’Economia e delle Finanze (Consiglio dei governatori) dei Paesi che utilizzano l’euro come moneta unica. Le decisioni del Mes vengono prese generalmente all’unanimità o in caso di emergenze può essere deciso a maggioranza qualificata dell’85 per cento del capitale sottoscritto, nel caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dei Paesi aderenti all’euro.

Il Mes può intervenire quando la Commissione europea e la Bce richiedano l’assunzione di decisioni prese in condizioni di urgenza. “Il Mes ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi di euro, di cui sono stati versati 125,3 miliardi. La capacità di prestito del Mes ammonta a 500 miliardi di euro. L’Italia ha sottoscritto capitale per 125,3 miliardi, versandone a oggi oltre 14. In caso di emergenza la quota di capitale non ancora versata deve essere liquidata entro sette giorni dalla richiesta. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi Paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 percento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza” ovvero all’85 per cento del quorum. L’Italia, quindi, può sempre esercitare il suo diritto di veto. Il progetto di riforma ratificato dagli altri Paesi introduce modifiche di portata complessivamente limitata. La riforma non prevede un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani e non affida al Mes funzioni di sorveglianza macroeconomica. La più significativa novità della riforma è quella di assegnare una nuova funzione al Meccanismo di stabilità finanziaria ovvero quello di fornire una rete di sicurezza in caso di crisi bancarie.

Ad un primo sommario approccio al problema non sembrerebbe ci siano particolari criticità alla ratifica del Mes da parte dell’Italia. Ad oggi, si sono avvalsi dell’intervento del Mes: la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e Cipro. La Grecia per la grave crisi finanziaria del 2010. L’Irlanda per il crollo dei prezzi degli immobili nel 2007 coinvolgendo le banche che ne avevano finanziato l’acquisto con l’erogazione “facile” dei mutui. Il Portogallo per finanziare il bilancio e in parte per ricapitalizzare le banche. La Spagna ha utilizzato i finanziamenti del Mes per ristrutturare il sistema bancario. Cipro sempre per la crisi del settore bancario. L’Italia non si è mai trovata nelle condizioni dei Paesi che hanno usufruito del sostegno finanziario del Mes, in quanto è sempre riuscita a finanziarsi sul mercato senza particolari problemi nonostante la fine del quantitative easing ovvero l’acquisto di debito sovrano da parte della Banca centrale europea.

L’unico vero problema per l’Italia è l’incidenza della spesa per interessi che lo Stato deve sostenere ogni anno per il servizio del debito pubblico. Spesa per interessi che nel 2023 e per parte del 2024 sconterà l’aumento dei tassi d’interesse della Bce. È probabile una riduzione dei tassi nel 2024. L’Italia, opportunamente, non ha ancora ratificato la riforma del Mes per ragioni condivisibili collegati alla riforma del nuovo patto di stabilità che non può penalizzare il nostro Paese. Archiviare il trattato di Maastricht che prevedeva un deficit pubblico annuo entro il 3 percento del Pil e una riduzione del debito pubblico in prospettiva al 60 per cento è cosa buona e giusta. I vincoli posti erano “stupidi”. Se, come pare, il ministro Giancarlo Giorgetti riuscisse nella negoziazione con l’Ue a ottenere l’esclusione dal conteggio del deficit di parte degli investimenti, le spese per il sostegno della guerra in Ucraina e un piano di rientro sostenibile del debito senza sacrifici che potrebbero inficiare la crescita dell’economia, non credo ci siano ulteriori ostacoli alla ratifica del nuovo Mes da parte del Governo. La lotta in Europa sul nuovo Mes dell’Esecutivo è funzionale a non compromettere le poche risorse disponibili per sostenere lo sviluppo economico del Paese.

Aggiornato il 12 dicembre 2023 alle ore 12:11