I mercati finanziari apprezzano l’operato del Governo

I fondamentali dell’economia italiana non trovano riscontro nel differenziale di tasso d’interesse che paga lo Stato italiano per finanziare il proprio debito sovrano rispetto agli altri Paesi che adottano l’euro come moneta legale. Le stesse agenzie di rating internazionali assegnano un voto sul merito creditizio dell’Italia, ampiamente inferiore all’oggettiva capacità economica e finanziaria del Belpaese di far fronte agli impegni assunti con i propri creditori. L’assurdo è che l’Italia vanta tra le ricchezze private più alte del mondo occidentale e il più basso debito privato tra i Paesi più avanzati. Anche se ha il terzo debito pubblico nella classifica mondiale senza essere la terza economia del mondo, è solida dal punto di vista finanziario. L’entità del debito pubblico non ha niente a che vedere con la capacità di rimborso che ha il nostro Paese. Il Giappone ha un debito pubblico pari al 258 per cento del Pil, quasi cento punti in più rispetto all’Italia, eppure nessuno considera il Paese del Sol levante a rischio finanziario perché ha una propria moneta e, come gli italiani, i giapponesi hanno un elevato risparmio privato.

Se l’Italia non avesse perso l’autonomia monetaria, aderendo all’euro, avrebbe avuto, a parità di condizioni, un rating molto più alto di quello attuale. Torna utile ricordare che l’Italia della “liretta” ha goduto della tripla A come rating, ovvero la massima affidabilità finanziaria. L’Italia, infatti, ha sempre onorato il pagamento del proprio debito sovrano. Ma quali sono le motivazioni che determinano un disallineamento tra la reale situazione della forza economica del Paese e quella percepita dai mercati finanziari? Ci sono ragioni esogene come quella di una Bce che non svolge le reali funzioni di Banca centrale, ma di mero regolatore della massa monetaria in circolazione e di controllo dell’inflazione.

E cause che sono endogene come la durata dei governi, le continue scadenze elettorali per le elezioni amministrative comunali, regionali e fra poco quelle europee che inducono gli Esecutivi a privilegiare le finanziarie elettorali invece di una politica rigorosa delle finanze pubbliche. Finalmente, l’attuale Esecutivo ha compreso che fare politiche finalizzate ad acquisire consenso con la spesa pubblica in deficit senza pensare alle “future generazioni” non paga nel medio termine. Comportamenti di bilancio prudenti producono effetti positivi nell’immediato sul debito pubblico e in prospettiva sul carico fiscale dei contribuenti. Meno debito pubblico significa: miglioramento del rating, meno oneri finanziari per lo Stato e, in conseguenza, riduzione della pressione tributaria. Al contrario, la fame di spesa pubblica clientelare è illimitata. È bastato che il Governo approvasse una Legge di Bilancio, quella del 2022, improntata alla massima prudenza per ridurre di oltre 70 punti lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi con durata decennale.

Se il Governo avesse presentato il Ddl relativo alla Legge di Stabilità per il 2024 senza un ulteriore se pur minimo indebitamento, il differenziale di tasso con la Germania e con gli altri Paesi che adottano l’euro si sarebbe ulteriormente abbassato. Tuttavia, il segnale che questo Governo sta indicando ai mercati finanziari è quello di perseguire un ordinato rientro dagli squilibri finanziari e gli operatori di Borsa stanno premiando le politiche accorte dell’Esecutivo. La Borsa valori italiana è quella che nel 2023 sta ottenendo le migliori performance in Europa!

Aggiornato il 02 dicembre 2023 alle ore 12:12