Il rating dell’Italia rimane stabile

Ad oggi la finanza internazionale consente all’Italia di giocare in serie B e onestamente non siamo in condizioni di poter recriminare alcunché, dal momento che siamo quelli che hanno generato il terzo debito pubblico al mondo e che sono al decimo posto per produzione di reddito.

Le principali Agenzie di rating – Moody’s, S&P Global Ratings e Fitch – hanno di recente confermato quota BBB al Belpaese, con previsioni “stabili”. Ciò significa che il mercato ha abbastanza fiducia in noi e che ci consentirà di accedere al risparmio internazionale a prezzi stabili per rinnovare i nostri titoli del debito pubblico. Una bella notizia in questo momento, perché corrobora la solida reputazione della nostra imprenditorialità, capace di penetrare i mercati di tutto il mondo, e apprezza la linea “prudenziale” del nostro Governo nell’impostare la finanza pubblica per il prossimo anno.

È fantastico pensare che le parole di prudenza pronunciate dal Ministro Giorgetti in occasione della presentazione delle linee di finanza pubblica per il 2024 siano capaci di muovere a commozione i centri decisionali della finanza mondiale, ma come si sa il gioco in economia è basato sulle aspettative e c’è da credere che, assieme alla buona reputazione delle nostre imprese, siano due dei nostri più credibili uomini sulla piazza: il Commissario Paolo Gentiloni e il professor Mario Draghi, a garantire per tutti. Per dare continuità anche per il futuro a questa fiducia, ci attendono – sul piano politico – almeno due prove inderogabili: la prima è quella di ridurre il peso del debito pubblico sui nostri conti di sistema, la seconda attiene alla possibilità di investimenti infrastrutturali a basso costo che ci è data dalla nostra appartenenza all’Unione europea e dai relativi fondi di agevolazione e finanziamento disponibili in questo periodo, a cominciare da quelli del Pnrr per le sei transizioni epocali, tra le quali quella energetica, quella digitale e quella ambientale.

Ridurre il debito pubblico è questione politica cruciale, infatti il Governo deve decidere sul taglio progressivo dei deficit annuali di bilancio, sul taglio del debito stesso o su una crescita più veloce della produzione. Nel primo caso si tratta di tagliare la spesa corrente, nel secondo di vendere i “gioielli di famiglia”, nel terzo di sostenere fortemente gli investimenti privati, rendendo al contempo efficienti i servizi infrastrutturali e della pubblica amministrazione.

In verità, per mettere sui giusti binari il nostro sistema economico la politica dovrà adottare misure per tutti questi obiettivi, e per altri. Ma bisognerà dare un peso specifico alle singole misure e quindi definire le giuste priorità. In senso strettamente finanziario occorrerà emendare la situazione per la quale le famiglie e le imprese accumulano grandi risparmi che poi impiegano, in prevalenza, nel mercato estero dei capitali. Per questo lo Stato italiano attualmente eroga generose cedole sui suoi titoli del debito pubblico, che per due terzi vanno nelle tasche degli investitori esteri e per un terzo in quelle dei risparmiatori nazionali. Si tratta di oltre 90 miliardi l’anno, una cifra enorme e inefficientemente allocata.

Al contempo, attiene allo Stato spendere i fondi europei secondo i giusti indirizzi dell’Ue e nei tempi stabiliti (orizzonte 2026), ma al proposito ci sorgono dubbi atroci. Nessuno sa se, a distanza di soli tre anni dalla scadenza del 2026, le opere infrastrutturali del Pnrr siano effettivamente state cantierate. Speriamo che almeno il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, competente per la partita, lo sappia, e comunque bisognerà fare di tutto perché l’occasione non vada persa. Una caduta del genere, infatti, ci porterebbe a una perdita di credibilità e a danni finanziari così gravi che nemmeno i nostri bravi imprenditori e quei pochi personaggi di rilievo che abbiamo, anche associati al famoso “stellone”, potranno evitare.

Aggiornato il 24 novembre 2023 alle ore 13:07