Una Legge di Stabilità senza emendamenti

Famosa è la frase di John Fitzgerald Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. La presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa dopo il Cdm che ha approvato il disegno di legge di Bilancio, ha affermato che il momento è complesso e bisogna essere “seri, prudenti e responsabili”. Sagge parole. Il disegno di legge uscito dal Cdm prevede una Legge di Stabilità di 24 miliardi di euro, dei quali una parte significativa (circa due terzi) è a debito e l’altra con risparmi di spesa. I numeri sono ancora da definire con esattezza, anche perché dovranno passare il vaglio del Parlamento che potrà apportare delle variazioni. La premier e il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, hanno cercato di blindare il disegno di legge. A tal fine hanno chiesto espressamente ai parlamentari della maggioranza di non emendare la Legge di Stabilità per accelerare le procedure di approvazione e mantenere invariati i saldi.

Avrei preferito che le risorse in deficit, che saranno destinate al cuneo fiscale e alla rimodulazione dell’Irpef per i redditi più bassi, fossero coperte interamente dalla cosiddetta spending review. Tagliare le spese, per meno di un punto percentuale rispetto al Pil, non sarebbe stata un’opera titanica, se si considera che le uscite sostenute dallo Stato superano ormai un milione di miliardi di euro. Una Legge di Stabilità senza ulteriore indebitamento sarebbe stato un segnale chiaro ai mercati finanziari in vista delle prossime decisioni sul rating italiano dalle agenzie che a breve si pronunceranno rispettivamente: Standard & Poor’s il 20 ottobre, Fitch il 10 novembre e Moody’s il 17 novembre. Operare con il bisturi sul lato delle spese improduttive, con particolare riferimento alle pletoriche provvidenze pubbliche che si sono stratificate nel tempo per ragioni clientelari, sarebbe stato il primo passo di una nuova stagione delle politiche di bilancio non più improntate alla spesa corrente ma a investimenti e al rientro più veloce del deficit rispetto al Pil. Bene il finanziamento per la realizzazione del Ponte sullo Stretto che non è una spesa ma un investimento produttivo di lungo termine, che ritornerà in termini di sviluppo dell’economia della Sicilia, della Calabria e dell’intero Paese.

Il sacrificio immediato sarebbe stato ampiamente compensato dagli effetti positivi sulla affidabilità finanziaria del nostro Paese. Le aspettative, degli operatori finanziari sui mercati di borsa di politiche di bilancio di legislatura improntate alla ottimizzazione della spesa pubblica corrente, innescherebbe quel circuito virtuoso di riduzione del debito non solo in rapporto al Pil ma anche in termini nominali. Un punto percentuale in meno di spread del Btp decennale italiano rispetto al Bund tedesco significa almeno 3 miliardi di euro di risparmio sulla spesa mostruosa per il servizio del debito pubblico italiano. In tempi difficili è giusto sostenere il reddito delle fasce più deboli della popolazione ma non deve sempre ripercuotersi sulla classe media che è stata negli ultimi decenni massacrata da continui aumenti della pressione tributaria. È un assurdo che tutte le norme agevolative sull’imposizione fiscale abbia come riferimento un reddito lordo di 35mila euro. Chi produce reddito per 35mila euro lordi non può certo considerarsi classe agiata in quanto il netto, dopo il pagamento delle imposte e dei contributi sociali, supera di poco i 2mila euro netti. Un Governo di centrodestra non può e non deve comportarsi come i Governi di sinistra che chiedono sempre più spesa pubblica e più imposte. Il debito dello Stato non è una variabile indipendente. Prima o poi i debiti dovranno essere pagati. La base elettorale moderata è composta anche da micro e piccole imprese che per produrre reddito per le loro famiglie devono ogni giorno affrontare un peso del fisco che ha raggiunto livelli insostenibili. Non è vero che le provvidenze pubbliche elargite a man bassa si traducono in voti. Molti cittadini sono consapevoli che affrontare sacrifici oggi può significare migliori condizioni generali domani. A differenza delle sinistre, che chiedono sempre più spese per la loro base sociale, gli elettori conservatori sanno riconoscere all’Esecutivo quelle decisioni dolorose che hanno l’obiettivo di salvaguardare i conti pubblici a vantaggio delle future generazioni. La base elettorale che ha votato per il centrodestra non chiede allo Stato quello che lo stesso, nelle condizioni date, non è in grado di dare.

Aggiornato il 18 ottobre 2023 alle ore 09:48