L’economia di Vladimir Putin

Vladimir Putin si prepara alle elezioni che si terranno in Russia nel marzo del 2024. Nominato presidente da Boris Eltsin nel 1999, è oggi il leader russo che ha mantenuto il potere più a lungo dai tempi di Iosif Stalin. Ma il futuro suo e della Federazione dipendono in gran parte da come affronterà alcune sfide imminenti sia economiche, sia politiche. Gli analisti si chiedono se Putin riuscirà a destabilizzare le economie occidentali rafforzando le finanze del suo Paese. Se potrà influenzare l’esito delle Presidenziali statunitensi e fermare la controffensiva ucraina. Per raggiungere tali obiettivi, il presidente russo sta tessendo una fitta rete di relazioni internazionali. Dopo i tagli nella commercializzazione di petrolio comunicati quasi simultaneamente da parte di Russia e Arabia Saudita, le quotazioni delloro nero sono salite generando un aumento del prezzo anche di altre materie prime. Altri aumenti si sono verificati nel costo di diesel, gas e minerali metallici, in un periodo in cui molte Banche centrali stanno allentando le politiche di rialzo dei tassi d’interesse, a eccezione della Bce.

Nel frattempo, negli Stati Uniti l’ex presidente Donald Trump sfida il presidente uscente Joe Biden. Trump ha espresso posizioni più morbide relative al sostegno militare all’Ucraina, dichiarando che riporterebbe la pace in breve tempo, pur senza specificare quali concessioni sarebbe disposto a fare a Putin, in cambio di questo risultato. La vittoria del candidato repubblicano rappresenterebbe un vantaggio per il presidente russo. L’economia della Russia è colpita dalle sanzioni occidentali, ma mantiene buoni rapporti con Stati quali Bielorussia, il Kazakistan, Uzbekistan e Turchia, disposti ad agire da intermediari per le importazioni, seppure a costi elevati. Il budget federale prevede un aumento dei fondi stanziati per le spese militari, che dovrebbero superare il 6 per cento del Pil, mentre il deficit previsto per il 2023 ammonta al 3,8 per cento. Per quanto concerne le esportazioni, Cina e India hanno intensificato gli scambi con la Russia arrivando a sostituire – almeno in parte – lEuropa, e diminuendo le transizioni in dollari statunitensi.

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha previsto una crescita del Pil della Federazione intorno all’1,3 per cento nel 2024, ma gli aumenti delle materie prime potrebbero far salire la stima iniziale, contro l’1,1 per cento relativo a Stati Uniti e Germania e lo 0,8 per cento supposto per lItalia. Nonostante la caduta del rublo rispetto al dollaro, inoltre, l’inflazione russa non ha superato quella di molti Paesi occidentali. A prima vista, questo quadro sembra descrivere una situazione rosea per l’economia russa e il merito sembra attribuibile in gran parte, se non esclusivamente, alle politiche economiche e alle relazioni internazionali decise da Putin. Ma difficilmente questa crescita si mostrerà sostenibile nel lungo periodo, in quanto la sua componente principale risulta essere il mercato delle materie prime, che però non è in grado, da solo, di riflettersi positivamente sulla produttività tanto da compensare le maggiori spese stabilite dal Governo per affrontare la guerra contro Kiev. Almeno nell’immediato, tuttavia, la Russia sembra destabilizzata meno di quanto probabilmente si auspicava in Occidente. Agli occhi dei sostenitori di Putin tale rilevazione può accrescere la fiducia nel presidente, mentre per gli oppositori alle sue politiche rappresenta un ulteriore motivo per non abbassare la guardia nell’attuale delicata situazione geopolitica.

Aggiornato il 06 ottobre 2023 alle ore 11:06