La sfida dei Brics al mondo occidentale

Brics è un raggruppamento delle economie mondiali emergenti. L’acronimo comprende il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica (aggiuntosi nel 2010). Questi Paesi rappresentano l’economia emergente e antagonista a quella dei Paesi occidentali. Nell’ultima riunione dei Brics in Sudafrica si sono aggiunti – ed entreranno a fare parte dell’Unione – l’Arabia Saudita, l’Argentina, l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, l’Etiopia e l’Iran, che diventeranno membri effettivi dal primo gennaio 2024.  Inoltre, vi è già una fila di Paesi richiedenti l’ammissione, che può portare il gruppo a un numero di abitanti vicino ai 5 miliardi, che possono rappresentare quasi il 60 per cento del totale degli 8 miliardi di abitanti del pianeta, mentre il G7 rappresenta circa 1 miliardo e 200 milioni di persone, che sono il 12 per cento del totale dei cittadini del globo. I Brics allargati hanno un Pil che si avvicina al 35 per cento del Pil globale, mentre il G7 ha il 30 per cento dello stesso Pil; da notare che il sorpasso si è realizzato in un tempo relativamente breve, a dimostrazione della velocità del processo di aggregazione dei Brics.

Nel novembre del 2010 il Fondo monetario internazionale ha incluso i Paesi dei Brics tra i dieci maggiori azionisti del fondo stesso. Ma a seguito della mancata ripartizione delle quote, giacente presso il Congresso degli Stati Uniti, una cui redistribuzione era stata avanzata dai Paesi del Bric (non c’era ancora il Sudafrica), questi ultimi hanno dato vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma. Ossia la Nuova banca di sviluppo, alternativa al Fondo monetario internazionale, durante il loro vertice del 2014 a Fortaleza, con la finalità di diventare indipendenti dal punto di vista delle transazioni finanziarie.

La crescita del gruppo di queste economie, come sempre, è stato lento e poco incisivo all’inizio, per poi prendere rapidamente spazio fra i restanti Paesi emergenti e portando il loro Pil a superare quello del G7 con l’unione delle nuove economie a partire dal 2024. E a rappresentare una vera sfida all’Occidente che sembra avvertire un processo di deterioramento dei suoi equilibri interni. L’obiettivo dei Brics è quello di una riduzione del potere dell’Occidente a livello globale. Siamo arrivati a questo confronto a causa di politiche sbagliate dell’Occidente nei confronti dei Paesi emergenti; queste politiche sono sempre state dettate dal principio dell’egemonia sia bellica che finanziaria. I Paesi emergenti sono stati visti come un vassallaggio senza possibilità di replica o un colonialismo di vecchia data, come la Francia in Africa. Lo stesso uso della finanza e del dollaro come strumenti impropri di guerra hanno finito per indebolire i Paesi sottomessi, fino a un punto di scontro per l’evidente impossibilità di continuare a vivere in una sudditanza senza futuro, dando luogo a migrazioni epocali.

La politica della forza militare e la mancanza di una politica del dialogo di cui l’Occidente si è dimostrato incapace hanno finito per fare svegliare la voglia di ribellione e di reazione che si è progressivamente consolidata nei Paesi cosiddetti emergenti. Ma ormai, per alcuni di essi, non è più realistico definirli tali. Queste politiche di guerra hanno finito per creare più danni che benefici. L’esodo di milioni di persone che sfuggono a territori che sono diventati inabitabili è una diretta conseguenza che grava, in particolare, modo sull’Europa, già piena di problemi per conto suo.

L’Occidente si dimostra debole e in declino, incapace di trovare al suo interno un sistema di governance che renda più autonoma l’Europa e meno passivamente dipendente da quelle politiche degli Usa, di cui paghiamo le conseguenze su tutti gli aspetti in modo deplorevole. Gli Usa sono alle prese con un debito “monstre” che li divora dall’interno, avendo sposato una politica finanziaria senza discussioni di sorta, che li ha spinti a una stampa infinita di carta moneta che li sta affogando. E a delocalizzare le attività manifatturiere di cui sono ora privi, ma sono queste che generano Pil e lavoro. Inoltre, hanno usato senza scrupoli un dollaro che ha vissuto di un potere, come moneta di riserva globale, che sta perdendo a scapito di altre monete locali, in particolare per il diretto attacco dei Brics al dollaro spinti ad una de-dollarizzazione globale che se avverrà, come possibile, rappresenterà un qualcosa di letale per gli Usa. E, di conseguenza, per l’Europa.

Il Vecchio Continente non sta meglio. Ha un debito enorme che blocca la crescita e la sua governance, puntellata dalla Banca centrale europea di Christine Lagarde, è totalmente opposta a quella che dovrebbe essere per colpa della sudditanza assoluta di Lagarde alla Fed, che ha problemi diversi. E non capisce che non si possono risolvere i problemi con lo stesso pensiero che li ha creati. Il declino della cultura occidentale è ormai evidente. La stessa decristianizzazione, conseguente a un modello materialista assunto come fine, ha contribuito a perdere quel collante che sembrava tenere unita l’Europa.

Per contro i Brics non hanno meno problemi ma il fatto di averli in un periodo di crescita è diverso dal fatto di averli in un periodo di decrescita, come succede al mondo occidentale. Il principale punto di unione dei Brics è quello di non essere occidentali. Una definizione in negativo che però offre un solco comune a nazioni molto diverse tra di loro come la Cina, l’Arabia Saudita e l’Argentina. La politica di dominio e di sudditanza applicata senza limiti e spesso, manu militari, ha generato una crescente avversione per una politica che si è preoccupata di diffondere, senza un briciolo di spiritualità, solo i suoi modelli di consumo, che troppo spesso hanno contribuito al collasso di società allo stato primitivo.

Le stesse politiche coloniali della Francia nelle zone sub-sahariane, dove hanno imposto modelli di vita e moneta francese al posto delle locali, hanno portato alla rivolta i Paesi del Sahel per scacciare ciò che resta di francese. I Brics sono a macchia di leopardo con contraddizioni forti tra di loro sui temi della religione, dei sistemi sociali, della rappresentanza democratica spesso negata nei Paesi sauditi. Il polo più coeso è quello del Nordafrica e quello del Medio Oriente. La partecipazione dell’Etiopia è importante per la sua localizzazione nel Corno d’Africa. Ed è cresciuta a un tasso del 9,7 per cento annuo, quasi due volte e mezza degli altri Paesi africani.

Quello che li tiene uniti, per ora, è lo spettro dell’Occidente, che ha perso il tempo nel capire – comportandosi di conseguenza – che non poteva più esserci un mondo unipolare. Questo dimostra una deplorevole mancanza di cultura e di analisi geopolitica, che ha caratterizzato gli interventi degli Usa nel panorama mondiale, troppo spesso destinati a un insuccesso che non è mai servito a fare riflettere sugli errori commessi.

L’unione dei Brics andrà avanti, perché il collante è più forte di quello che sembra unire i Paesi dell’Occidente, che assomigliano sempre più ai polli di Renzo. È finito un modello socioculturale che si sta trascinando a un declino che non vogliamo vedere. Ma è inesorabile come la storia che guida il destino dell’uomo nei millenni, ripetendosi spesso nelle cause dei collassi sociali. È giunta l’ora di prenderne coscienza.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi

Aggiornato il 21 settembre 2023 alle ore 10:40