Sistema bancario italiano: un oligopolio protetto

Dalle pagine di questo quotidiano ci siamo schierati contro, considerandolo illiberale e controproducente, il decreto sui cosiddetti extraprofitti delle banche che si sono generati per l’aumento repentino dei tassi d’interesse di riferimento stabiliti dalla Banca centrale europea.

Non è però tollerabile che il direttore dell’Abi (Associazione bancaria italiana), Giovanni Sabatini, in audizione alle commissioni del Senato, abbia dichiarato: “Ingiustificate penalizzazioni del settore bancario determinerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano che, da ultimo, si rifletterebbe sull’intero mondo economico italiano”.

“La comunicazione della decisione, senza alcun confronto preventivo anche con Abi, di introdurre l’imposta straordinaria una tantum” sulle aziende di credito “ha provocato sui mercati un impatto solo parzialmente poi attenuato. L’introduzione di tale imposta straordinaria ha prodotto un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano”. In sostanza, il Governo avrebbe dovuto preventivamente chiedere all’oste (l’Associazione bancaria italiana) se il vino fosse stato buono!

Restiamo dell’idea che il profitto in una economia di mercato per qualsiasi tipo di impresa, compreso le banche, è sacro. Le aziende che produco profitti grazie alle loro capacità industriali e dei loro manager fanno crescere l’economia del Paese, creano occupazione e concorrono alla spesa pubblica con il pagamento delle imposte, delle tasse e dei contributi sociali. Ma le imprese bancarie sono aziende come tutte le altre che si misurano con il mercato? Godono di privilegi e di rendite di posizione?

La banca è l’unica impresa che è autorizzata alla raccolta del risparmio tra il pubblico e a utilizzare la massa fiduciaria di risparmio raccolto per finanziare le imprese (credito alla produzione) e le famiglie (credito al consumo). In realtà, da diversi anni le banche fanno credito alle imprese se sussiste la garanzia del Mediocredito centrale che rilascia fideiussioni a favore dei soggetti finanziati.

Prima del Covid, la garanzia fideiussoria dello Stato arrivava all’80 per cento, durante il periodo pandemico la copertura per le banche è stata del 100 per cento. L’esposizione dello Stato per garanzie rilasciate alle banche per finanziare le attività produttive supera i 300 miliardi di euro. Se non rimborsano i loro debiti i clienti, le banche sono rimborsate dallo Stato.

Le banche sono state messe in condizione di svolgere quella che dovrebbe essere la loro l’attività caratteristica, ovvero finanziare il sistema economico, limitando al massimo il rischio d’impresa. Il profitto è sacro per le aziende che si misurano con il mercato, esponendosi al rischio d’impresa che è insito in tutte le attività economiche. Ciononostante, le banche italiane stanno attuando una stretta sui finanziamenti (credit crunch) alle aziende, contribuendo al rallentamento in atto dell’economia.

Perché affrontare il rischio di nuovi impieghi alle aziende, quando l’automatismo contrattuale dei finanziamenti a tasso variabile fa crescere i profitti senza colpo ferire? Le banche godono di rendite di posizione per il fatto che tutti, obbligatoriamente, devono avere un costoso conto corrente anche per farsi accreditare (tracciabilità) un misero stipendio o salario. Grazie ai limiti imposti per legge sull’uso del contante, lucrano ricche commissioni sul rilascio e sull’uso delle carte di credito e di debito rilasciate ai propri clienti.

Prima delle norme antitrust, le associazioni categoria delle banche applicavano i cartelli interbancari per non farsi concorrenza. Operavano, legittimamente, in un regime di mercato oligopolistico protetto. Almeno esistevano tante banche dove il risparmiatore poteva rivolgersi. Le norme che hanno incentivato le fusioni e le integrazioni verticali delle banche ne hanno ridotto il numero, al punto che oggi possiamo definire il sistema bancario di fatto un oligopolio protetto.

Aggiornato il 13 settembre 2023 alle ore 10:46