Appartengo a una generazione che avrebbe lottato con tutte le sue forze avverso la perdita di una delle libertà fondamentali di un regime democratico: il diritto alla inviolabilità della propria intimità.
C’è ancora qualcuno convinto che in Italia vengano rispettate le norme sulla privacy? I nostri dati sono al riparo dalle incursioni di chi, legittimamente o illegittimamente, può accedere alle banche dati che ci hanno reso completamente nudi di fronte alla cosiddetta digitalizzazione della società? È convinzione unanime che la nostra vita sia ormai monitorata dal “grande fratello digitale” sin dalla nascita, con l’assegnazione del codice fiscale al neonato, fino alla morte. Abbiamo supinamente accettato, come sudditi, che la Pubblica amministrazione ci costringesse all’utilizzo di quei “maledetti supporti informatici” che ci hanno avvelenato l’esistenza con username e password le quali, continuamente, sei costretto a cambiare. Credenziali che, puntualmente, ti dimentichi dopo averle memorizzate sul personal computer o sullo smartphone.
Rivendico, come contribuente, il diritto a essere “analogico” e desidererei di avere, in ogni struttura pubblica al servizio dei cittadini, almeno uno sportello fisico dove le persone possano usufruire dei servizi direttamente da un pubblico impiegato. L’assurdo è che la stragrande maggioranza delle persone sa di essere controllata quando telefona, se scrive una mail o se invia messaggi tramite i social. Questa non è una democrazia!
Ormai i sistemi di monitoraggio e di controllo esercitati sui “sudditi” non differiscono dalla sorveglianza capillare presente nella Cina comunista. Per completare l’opera di screening della vita degli italiani, è stato imposto l’uso dei pagamenti tracciabili e della moneta elettronica, in luogo della moneta legale (contanti), per completare il controllo anche sulle spese che i cittadini sostengono con i soldi guadagnati onestamente con il proprio lavoro.
Non ci possono essere motivi che possano giustificare l’invadenza dello Stato nella vita privata, costringendo le persone a usare solo pagamenti tracciabili in nome di una presunta lotta alla criminalità o all’evasione fiscale. Nonostante tutti gli accertamenti a cui sono soggetti le imprese o i cittadini da parte della Banca d’Italia, degli istituti di credito, delle società finanziarie e dei professionisti che devono fare i delatori, non mi sembra sia migliorato il contrasto alla criminalità finanziaria e alla evasione fiscale.
Sono un inguaribile ottimista. E spero che un Governo composto dai partiti che si richiamano ai valori dei conservatori e dei liberali possano porre un freno a una realtà che non può più essere accettata. Mi auguro che l’Esecutivo di Giorgia Meloni segua la decisione del cancelliere austriaco, il conservatore Karl Nehammer, che ha sfidato l’Unione europea contro l’imposizione all’uso della moneta elettronica con l’intenzione di controllare la vita dei cittadini austriaci. Lo stesso Nehammer ha affermato che “pagare in contanti è un diritto che dovrebbe essere sancito dalla Costituzione”. Viva il leader del Partito Popolare conservatore Karl Nehammer!
Aggiornato il 08 agosto 2023 alle ore 10:54