Cos’è il Mes e perché è un argomento così discusso

“I gruppi di maggioranza hanno presentato la sospensiva per non procedere all’esame del Disegno di legge per un periodo di quattro mesi”.

Lo ha annunciato il 30 giugno in Aula alla Camera il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe riferendosi al Ddl di ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, noto con il nome di Mes. Nelle ultime settimane, la riforma del trattato che ha istituito il Mes ha suscitato un acceso dibattito politico, ma cos’è, cosa prevede la riforma, quali conseguenze avrebbe la sua ratifica da parte dell’Italia e perché è un argomento così discusso? Il Meccanismo europeo di stabilità è un organismo permanente intergovernativo la cui funzione è concedere aiuti finanziari ai Paesi membri dell’Unione europea che incontrano difficoltà a raccogliere liquidità dai mercati, nel rispetto di condizioni prestabilite. Per questo motivo il Mes è anche noto come “Fondo salva-Stati”. L’accordo prevede diversi strumenti per supportare i Paesi in difficoltà economica. Tra questi vi sono la possibilità di fornire prestiti economici a tassi agevolati, a patto che il Paese beneficiario accetti un programma di riforme concordato. Inoltre, il Meccanismo europeo di stabilità ha il potere di acquistare i titoli di Stato del Paese che ne richiedesse il sostegno. Oltre a ciò, può mettere a disposizione linee di credito come misura precauzionale e fornire prestiti per la ricapitalizzazione indiretta delle banche. Il fondo si alimenta emettendo obbligazioni sui mercati finanziari garantite dai suoi membri.

A gennaio 2021, gli Stati che hanno aderito al trattato, ossia i venti Paesi che adottano l’euro, hanno firmato una riforma che mira a modificare le condizioni a cui è possibile accedere al fondo intergovernativo. In Italia, il capo del Governo era Giuseppe Conte, che presiedeva una maggioranza composta da Movimento 5 stelle, Partito democratico, Italia viva e Liberi e uguali. Fratelli d’Italia era all’opposizione e si era espressa ripetutamente contro le iniziative del Governo. Le modifiche apportate all’accordo non sono ancora in vigore poiché il nuovo testo deve essere prima ratificato dai Parlamenti di tutti i Paesi coinvolti. Al momento manca soltanto quello italiano, quindi chi volesse ricorrere agli aiuti previsti dal Mes dovrebbe ancora sottostare ai termini antecedenti la riforma. Ora che l’Esecutivo è guidato dalla presidente Giorgia Meloni, la linea dell’Italia consiste nell’attendere quattro mesi per ratificare il contratto, in modo da poter valutare il contesto nel quale si inserirebbe il “nuovo” Mes. In altri termini, si intende aspettare lo scioglimento di alcuni nodi, tra i quali la conclusione del processo di riforma del Patto di Stabilità e dell’Unione bancaria, per poter inserire la valutazione in merito alla ratifica dell’accordo in un contesto più ampio.

Tra le argomentazioni contrarie a richiedere l’aiuto al Mes rientra il fatto che tale organismo è un creditore privilegiato. Questo significa che, nel caso in cui un Paese che ha ottenuto accesso alla disponibilità del fondo non abbia sufficiente liquidità per ripagare tutti i creditori, dovrebbe soddisfare il Mes prima di altri soggetti, ad eccezione del Fondo monetario internazionale. La diretta conseguenza di questo privilegio è che gli investitori potrebbero richiedere interessi maggiori sui loro prestiti come remunerazione del rischio di non essere ripagati. Inoltre, si teme un effetto stigma che consisterebbe nell’accrescimento dei timori del mercato relativi ai conti pubblici del Paese in questione, con effetti sul costo del suo debito. Dall’opposizione, invece, si invita il Governo a non temporeggiare nella ratifica dell’accordo sottolineando che questa non implicherebbe la richiesta di attivare gli strumenti previsti. Le divergenze di vedute presenti in Parlamento rappresentano una divisione presente anche nell’opinione pubblica. Secondo un recente sondaggio di Termometro Politico, infatti, il 51,3 per cento degli italiani si dichiara contrario alla ratifica del Mes: più della metà di loro lo considerano una trappola alla quale l’Italia deve rimanere contraria, mentre i restanti sostengono che la decisione finale debba essere presa a seguito di “importanti concessioni europee sul Patto di Stabilità e sulla revisione del Pnrr”.

Aggiornato il 03 luglio 2023 alle ore 10:57