Forse sta finendo la kafkiana storia del centro siderurgico di Taranto

Cosa deve ancora succedere per comunicare ad ArcelorMittal che è finita ogni possibilità di suo mantenimento nella gestione del centro siderurgico di Taranto? Ho più volte denunciato il comportamento dell’ex ministra del Sud e della Coesione territoriale Barbara Lezzi, dell’ex ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e di tanti responsabili diretti ed indiretti che, ormai da oltre cinque anni, hanno assistito al crollo di un impianto che era a tutti gli effetti uno degli impianti all’avanguardia nell’intero sistema comunitario. In questi giorni, risulta che Invitalia, proprio in assemblea, ha chiesto visibilità sulle strategie future della società ArcelorMittal, rispetto all’impegno di dover realizzare 4 milioni di tonnellate di prodotto entro il 2023, dopo averne prodotte solo 3,4 milioni nel 2022 e sempre Invitalia, almeno da quanto si apprende indirettamente, vorrebbe anche che ArcelorMittal scoprisse le carte sulla volontà di investire per il rilancio dell’impianto. Questa richiesta di chiarimento ad ArcelorMittal era già stata formulata in più occasioni:

aprile 2019: nessuna risposta

maggio 2019: risposte generiche

settembre 2019: risposte generiche

marzo 2020: risposte generiche

settembre 2020: risposte generiche

dicembre 2020: risposte generiche

marzo 2021: risposte generiche

ottobre 2021: nessuna risposta

dicembre 2021: nessuna risposta

aprile 2022: risposte generiche

maggio 20222: risposte generiche

settembre 2022: nessuna risposta

gennaio 2023: nessuna risposta

Ora però, forse, sta cambiando qualcosa. Sta maturando la possibilità di un rovesciamento della governance con la salita di Invitalia al controllo e la discesa del socio estero sulla base del Term sheet siglato tra i soci in occasione del Decreto del Governo che, a fine del 2022, ha messo a disposizione di Invitalia 680 milioni di euro di un finanziamento convertibile in capitale a partire del bilancio del 2022. Ora, dopo l’elenco delle richieste di chiarimento ad ArcelorMittal, a cui si è nel tempo accumulato solo un album di dichiarazioni generiche, lo Stato non potrà aspettare altri mesi, altri anni per conoscere cosa voglia fare ArcelorMittal per uscire dallo stallo in cui, ormai da oltre cinque anni, è crollato il centro siderurgico, anche perché questa volta la dominanza pubblica potrebbe garantire un rilevante volano di risorse da quelle provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione e dal Pnrr.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, credo non possa nel caso specifico rinviare a “tavoli” aperti anche alle parti sociali una tematica che ha finora trasformato i vari “tavoli” aperti in occasioni per rinviare nel tempo la soluzione di emergenze che, a mio avviso, non possono mai essere risolte confrontandosi con un interlocutore che, per l’intera passata Legislatura, non ha mai chiarito con atti formali, non ha mai comunicato una strategia misurabile in tutte le sue componenti e ha solo, attraverso il ricorso a forme mediatiche, precisato che sarebbe stato possibile tornare nel tempo a una soglia di produzione superiore ai 10 milioni di tonnellate di acciaio dimenticando però che nel 2022 la produzione si era attestata a soli 3,4 milioni di tonnellate e promettendo, come detto prima, per il 2023 un valore non superiore ai 4 milioni di tonnellate.

Come ormai ho fatto sistematicamente negli ultimi due anni con circa quattro mie note puntuali chiedo che:

il sindacato, non solo la Uil, ma anche le altre sigle sindacali, apra un formale confronto perché i 10mila dipendenti diretti e i 10mila dipendenti indiretti rappresentano oggi la vertenza più pesante ed al tempo stesso la più difficile da risolvere nel breve periodo;

la regione Puglia, il Comune di Taranto ed i Comuni direttamente interessati da una emergenza produttiva ed occupazionale così rilevante producano, con la massima urgenza, proposte capaci di evitare una crisi che nel tempo rischia di diventare irreversibile;

il Governo identifichi con la massima urgenza gli strumenti capaci di garantire davvero risorse al centro siderurgico e al tempo stesso annulli il rapporto con ArcelorMittal e riveda integralmente l’attuale governance.

La Legislatura dura cinque anni e quasi sicuramente per cinque anni avremo lo stesso Governo, non affrontare domani e non dopo domani questa emergenza significa rischiare un fallimento nel bilancio dell’attuale Governo alla conclusione del suo mandato.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole

Aggiornato il 28 giugno 2023 alle ore 16:55